Sapienziale e avventuroso come Shantaram, ironico e critico come un romanzo di Kurt Vonnegut, vertiginoso come Cloud Atlas, è Reincarnation Blues, secondo romanzo di Michael Poore, edito da e/o, tradotto da Gianluca Fondriest.
E se uno arriva alla 9.995esima vita e ancora non è riuscito a conquistarsi la liberazione, il satori, l’assunzione nel grande coro armonico dei per sempre liberati? E se per giunta si innamora, ricambiato, della Morte, che si chiama Suzie, non perdendo occasione per infrattarsi con la grande mietitrice?
L’imbranato cosmico di turno si chiama Milo, di vita in vita ha attraversato secoli e millenni, dal passato più remoto ai futuri più impensabili, ha conosciuto l’antica valle dell’Indo e il Rinascimento, il centro del Sole e l’Ohio, è stato lanciato da una catapulta turca contro le mura di Vienna ed è stato divorato da uno squalo davanti a una spiaggia della Florida.
Non è neanche cattivo, anzi, in media è proprio una brava persona, ma per un motivo o per l’altro non riesce mai a fare lo scatto che lo emanciperà dal Karma. E la relazione con Suzie non lo aiuta certo. Il fatto è che il termine di diecimila vite si avvicina inesorabile. Se non riuscirà a compiere il Grande Gesto Liberatorio finirà dissolto nel Nulla, indecifrabile, eterno e silenzioso.
Cinque vite sono davvero poche per uno che è riuscito a sprecarne 9.995. Ce la farà Milo a salvarsi? Riuscirà a entrare nel coro angelico? E che ne sarà della storia con la meravigliosa Suzie?