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"La mia protagonista ha fatto una scelta che è nata dal cuore, oggi le persone sono malate di idealismo"

Autore: Arianna e Selena Mannella
Testata: Albatros
Data: 30 settembre 2010

Avremmo descritto Lia Levi come una donna dolce e sensibile, ma appena la incontriamo in occasione della XXIII edizione della Fiera del Libro di Torino, comprendiamo invece che l’autrice del romanzo “La sposa gentile”, racchiude in sé una grande forza d’animo e una capacità straordinaria di narrare emozioni di tempi passati facendoli tornare del tutto attuali. Nel romanzo si riporta in vita Amos e Teresa, nella realtà nonni della signora Levi, due innamorati di altri tempi che scavalcano differenze religiose e sociali per condividere il proprio amore in un periodo storico e sociale molto importante. Un romanzo molto toccante e autobiografico, un gioiello della narrativa tutta italiana edito dalle Edizioni E/O.

Chi è Lia Levi?
“Siccome il mio primo libro si intitolava ‘Una bambina e basta’ parafrasandolo oggi direi che sono semplicemente una donna e basta, con le esperienze tipiche di una vita vissuta interamente con i suoi alti e bassi.”
Quanto è importante in letteratura toccare temi sociali?
“I miei libri non partono da un tema sociale, partono sempre da una storia di vita. Sono storie di persone, anche se è importante ovviamente il contesto sociale nel quale i personaggi si muovono, un autore francese dice che la vera storia è quella con la esse maiuscola come la S di scure. Mi nasce sempre dentro la voglia di raccontare una storia ed è quello che ho fatto anche con ‘La sposa gentile’.”
Quando ha deciso che la storia di suo nonno sarebbe diventata un libro?
“L’ho deciso solo in un secondo momento. Racconto prima di tutto il periodo della guerra perché è quello che ho vissuto e nel quale mi muovo meglio; l’ho già raccontato in vari modi e in vari libri, ma questa è una storia diversa, non è solo la storia di mio nonno e mia nonna, è la storia di un secolo quando il problema ebraico sembrava risolto per sempre. Ai tempi c’era voglia di partecipare alla politica, di confrontarsi, c’erano aspettative nelle persone, si pensava che il progresso avrebbe cambiato le cose, invece poi sono tramontate nel peggiore dei modi facendoci tornare indietro.”
È più difficile essere accettati quando si ha una diversità religiosa o sociale?
“Sicuramente è più difficile essere accettati sul piano religioso, ovviamente mi riferisco al periodo storico nel quale è ambientato il mio romanzo, cioè i primi del novecento. Entrambi tuttavia gravavano sull’unione di Amos e Teresa, il primo di origine borghese mentre lei di origine contadina.”
Lei ama le metafore, come definirebbe la letteratura metaforicamente parlando?
“Mi viene da dire una cosa un po’ cattiva anche se poi è la realtà… oggi molti vogliono fare gli scrittori senza leggere, non gli importa cosa raccontare, vogliono scrivere e basta, invece tutto deve partire da ciò che si sente dentro. Prima di iniziare a scrivere si deve avere sempre una storia importante da raccontare.”
Se al mondo ci fossero più persone come Teresa, ci sarebbe più tolleranza?
“Sì sicuramente, Teresa ha fatto una scelta che è nata dal cuore, oggi le persone sono malate di idealismo, sì, in un certo senso penso che se ci fossero più persone come lei, il mondo sarebbe migliore. Amos in realtà non le impose mai la propria religione, è stata Teresa stessa a volerlo fortemente.”
E’ stato detto che in questo romanzo ha cambiato un po’ il suo solito stile…
“Sì me lo hanno detto e mi ci hanno fatto pensare, in genere scrivo in prima persona in questo caso ho fatto parlare più personaggi perché la storia stessa lo richiedeva. Credevo fosse uno stile un po’ passato di moda, non ero certa di come lo avrebbe recepito il lettore, ma a quanto pare piace ancora questa formula e credo che la userò anche per il romanzo successivo.”