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Ciò che conta è diventare un ingranaggio

Autore: Anna Specchio
Testata: L'indice dei libri del mese
Data: 13 dicembre 2018

A partire dagli ultimi decenni del Novecento, le scrittrici giapponesi hanno cominciato a trovare nella narrativa un nuovo mezzo di espressione del sé e di esplorazione della sessualità, tacciando storie originali che sondavano terreni fino ad allora inesplorati, come l'amore tra persone di culture diverse, l'amore omosessuale, l'amore molesto o l'amore trasgressivo, ambientate in luoghi pubblici o privati, più o meno noti, in grandi città o tra le soffocanti mura domestiche. Molte sono state anche pubblicate in italiano: Yamada Eimi, Yoshimoto Banana, Matsuura Rieko, Kanehara Hitomi, Kirino Natsuo, per citarne una manciata. Le loro protagoniste sono spesso donne attive e intraprendenti, alla continua ricerca di siti in cui convalidare la propria identità, ma che sempre si muovono all'interno di contesti dove i principi come l'amore, l'amicizia o la famiglia rimangono comunque ben delineati. Per questo motivo stupisce la comparsa di quella che si può definire la voce più innovativa del nuovo millennio, Murata Sayaka, capace di decostruire i valori della società come noi li conosciamo e di creare all'interno delle proprie opere nuovi mondi in cui le norme di genere e le relazioni di potere assumono connotazioni più fluide, laddove non sono annullate o ribaltate. La ragazza del convenience store conquista subito, grazie alla sua estrema originalità, il cuore di milioni di lettori e lettrici in tutto il Giappone, permettendole di aggiudicarsi il prestigioso premio Akutagawa.

Nei convenience store - konbini in lingua giapponese - si può trovare ogni sorta di prodotto, dai generi alimentari di prima necessità ai dolcetti stagionali, dagli ombrelli alle riviste, dalle camicie a buon mercato ai detersivi. Alcuni servono alcolici, altri ancora sono muniti del servizio di fotocopiatrice e fax. Per la maggior parte rimangono aperti ventiquattr'ore su ventiquattro sette giorni su sette e, soprattutto, è possibile trovarli letteralmente ovunque. Il formato è grossomodo lo stesso: locali intervallati da scaffali, le pareti rigorosamente tinte di un bianco asettico, in cui si muovono commessi con indosso la medesima uniforme e all'interno dei quali è possibile ascoltare suoni di ogni tipo: dai jingle dell'azienda al rullo delle barre di scorrimento, dal ticchettio dei tacchi sul pavimento al bip dello scanner alla cassa. È esattamente attraverso questo insieme di melodie che la protagonista Keiko ci introduce nel suo mondo meccanizzato ma perfetto. "In quell'istante, per la prima volta nella vita, assaporai la sensazione di aver trovato il mio posto nel mondo. Sono nata, finalmente!, pensai entusiasta. Quello fu il primo giorno della mia nuova vita come 'normale' componente degli ingranaggi della società":

Eccentrica fin dall'infanzia, incapace di adattarsi alla società, Keiko ha trentasei anni e, a differenza delle sue coetanee, non possiede né un lavoro a tempo pieno né una famiglia. Non solo: non si è mai innamorata, non ha mai avuto rapporti sessuali e, soprattutto, dichiara di non averne mai avvertito la necessità. Solo nel lavoro come commessa realizza se stessa. Il primo giorno di servizio intuisce che tutto ciò che le serve per essere accettata come normale componente del gruppo è attenersi al copione, particolare che la libera dall'urgenza di dover afferrare da sola regole non scritte. Interpreta la sua nuova identità iscrivendola nel microcosmo in cui lavora. Nel konbini, tutte le differenze sono annullate: uomini e donne indossano la stessa divisa e si spartiscono le stesse mansioni, l'età anagrafica e lo stato civile non ricoprono la minima importanza, ciò che conta è essere parte della squadra, diventare un ingranaggio. All'interno del racconto di Murata, il konbini diventa un luogo di creazione della soggettività, dell'obliterazione di un nuovo sé libero dalle opprimenti norme di genere imposte dalla società esterna. La sessualità scompare a favore di altri devices tecnologici. Il vero piacere si prova unicamente nell'ascoltare la "musica" del konbini, la sola sinfonia in grado di riconciliare gli animi e fur provare al corpo le vibrazioni di cui abbisogna. Keiko, commessa modello, trova la felicità nel suo cubo di cemento, corpo organico in un apparato sintetico, metafora di una rinascita che prende luogo nella robotizzazione del sé e nella neutralizzazione delle differenze di genere.

Le frasi nitide di Murata, nella pregevole resa di Gianluca Coci, conducono il lettore italiano in un universo sconosciuto, a tratti straniante, forse, ma mai ostile o spaventoso. La scelta vincente di ambientare il romanzo all'interno di un konbini rende la lettura universale: l'esperienza della protagonista, per quanto singolare e unica, potrebbe essere replicata in qualsiasi luogo del Giappone. La storia è narrata in prima persona, quasi come se l'autrice intendesse in questo modo farci assumere lo stesso punto di vista della sua antieroina. Poco alla volta, nella vita di Keiko fanno incursione nuovi personaggi le cui vicende personali si intrecciano con le sue; qualcuno sarà solo di passaggio, qualcun altro invece ritornerà. Proprio come i tanti clienti che ogni giorno popolano i konbini.