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Divorzio all'islamica a viale Marconi

Autore: Luigi Riccio
Testata: Corriere Immigrazione
Data: 22 novembre 2010

Una commedia all’islamica, si potrebbe definire questa storia. Un po’ spy story, un po’ love story, con l’umorismo a fare capolino da cima a fondo. Sì, perché fa ridere, che non è cosa da poco. Anzi, forse è proprio questo aspetto, unito alla sua “natura immigrata” (l’autore, algerino, vive a Roma dal ’95) a renderla particolarmente appetibile. E l’ironia, o meglio l’autoironia, diviene un ottimo veicolo di messaggi e storie che, se trattati con piglio diverso, dimezzerebbero il proprio uditorio. Ma passiamo alla storia. Un siciliano di nome Christian, di aspetto mediterraneo e con una perfetta conoscenza dell’arabo, viene intercettato dai servizi segreti per compiere una missione a Roma (in viale Marconi, appunto).
Il capitano, nome in codice Giuda, illustra all’arabista gli obiettivi della missione: scovare due cellule terroristiche prima che queste ultime portino a compimento attentati nella capitale. Per indagare, Christian diventa “Issa”, un tunisino appena arrivato a Roma dalla Sicilia. Affitta un posto letto in un appartamento in pieno "stile immigrato" (cioè sovraffollato) e frequenta assiduamente il phone centre della zona in cui chiama dei genitori fittizi in Tunisia. Intanto, Safia (poi Sofia), dall’Egitto si trasferisce a Roma per seguire il marito. Sulla sua testa, pendono già due divorzi ma, come il titolo del libro suggerisce, sono divorzi all’islamica, in cui il terzo (come i precedenti semplicemente pronunciati a voce, alla faccia della burocrazia cattolica) diviene definitivo e irreversibile. Per colpa dei suoi lavori clandestini (Sofia, nonostante il velo, è un’aspirante e talentuosa parrucchiera) il marito pronuncia il fatidico e ultimo ripudio, cosa che li rende a tutti gli effetti divorziati. Come possono ritornare insieme, o meglio, come può lui ritornare sui suoi passi? La condizione che la religione impone è una: la donna deve sposarsi con un altro musulmano, consumare, e solo dopo è possibile il ricongiungimento tra i due ex. Come altro uomo, il marito sceglie proprio Issa, convinto della sua onestà, e non sospettando il tenero sentimento che tra lui e sua moglie sta nascendo. E soprattutto ignorando che Sofia non ha nessuna intenzione di ritornare ad essere la sua consorte.

Con un affresco leggero, diretto, pungente; con una scrittura “parlata” più che scritta, incassata qua e là da espressioni siciliane, l’autore dipinge una serie di personaggi tipici non solo della cultura (e sottocultura) italiana, ma anche e soprattutto della “dimensione immigrata”. L’analisi è duplice. Da una parte ci sono i paradossi (quasi kafkiani, si potrebbe osare) legati alla condizione generale dei migranti. E dall’altra, i pregiudizi della popolazione autoctona che, svelati e smontati, aiutano a discernere la “persona singola e unica” dalla massa anonima e distorta che la parola “immigrati”, per l’ignoranza dominante, dovrebbe risolvere. Sì, e ripeto: ridendo qua e là. Come una commedia all’italiana, solo che adattata al nostro presente misto e multietnico. Dove l’assurdo diventa realtà, per meglio raccontare ciò che il realismo fatica ad esprimere.