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L'esordio sorprendente di Bartolomei

Autore: Margherita Criscuolo
Testata: Il Domani della cultura
Data: 1 febbraio 2011

È un mondo altro che diventa plausibile quello raccontato da Fabio Bartolomei nel suo romanzo d'esordio Giulia 1300 e altri miracoli (Edizioni e/o, pp. 280,17euro), commedia all'italiana di cui è protagonista Diego, 40 anni, un lavoro anonimoe una fidanzata di cui è stufo.Un giorno si imbatte in un'inserzione immobiliare di un "casale ristrutturato, tre livelli, due ettari di terra, splendidamente immerso nella campagna" e decide di andarlo a vedere, per scovare l'inganno: «I due ettari di terreno sono una pietraia scoscesa su cui non si avventurerebbe nemmeno uno stambecco. Splendidamente immerso nella campagna è una connotazione che riguarda un lato su quattro, gli altri confinano, nell'ordine, con una raffineria di oli industriali,un canale di scolo eun rigoglioso campo rom». Animato da queste premesse, si ritrova faccia a faccia con «due tizi», uno «palestrato, occhiali da sole avvolgenti e un po' cafone» e l'altro «magrolino, pelato a chiazze e vestito dalla mamma»: sono Fausto e Claudio e con loro intraprenderà l'esperienza più improbabile che gli sia mai capitata. Complice la necessità di un piano B che gli svolti l'esistenza, Diego si mette in società con perfetti estranei e inizia la sua nuova vita.Tante altre comparse si aggiungeranno al trio iniziale, in un crogiuolo multietnico impensabile di africani e malavitosi: tra i primi Abu, del Ghana, che lavora nei campi,e Vito, il camorrista,venuto a chiedere il pizzo. È un vecchio tarchiato e rugoso, dalla «cordialità teatrale», spuntato da una nuvola di polvere a bordo di una Giulia 1300 verde scuro, «l'auto vista in un centinaio di film, guidata a turno da poliziottio da criminali» e dalla quale proviene un brano di musica classica.

Inizia così l'avventura dell'agriturismo, quando una banale fuga in campagna si trasforma in un atto di resistenza nei confronti del camorrista venuto a offrire "protezione" e che, suo malgrado, si ritroverà prigioniero nel casale, al pari della Giulia, prima ingombro da eliminare a tutti i costi e poi svolta miracolosa della storia con la sua musica inebriante. Giulia 1300, da febbraio nelle librerie italiane, è prima di tutto un libro divertente per quello che racconta e per come lo racconta; è un omaggio alla multiculturalità e alla liberalità senza nascondere i difetti dell'Italia, che l'autore mette a nudo con fantasia intelligente e ironia demistificatrice. Chiediamo a Fabio Bartolomei di svelarci qualche curiosità in più sul suo romanzo.

Il tuo libro si legge tutto d'un fiato e non mostra mai momenti di debolezza o cali di ritmo.È frutto di una gestazione lenta o di un'intuizione che hai trasferito su carta in poco tempo?
«Credo si legga tutto d'un fiato perché è proprio così che l'ho scritto. Ti dirò che per un certo periodo sono andato a dormire controvoglia e solo per sfinimento, avevo l'ansia di perdere il filo o di dimenticare qualcosa. Fortunatamente non è stato così, la storia era così piena di sviluppi e di possibilità che le idee venivano da sole. Alla fine vedo che le persone si divertono sui passaggi che più mi sono divertito a scrivere e riflettono lì dove l'analisi dei personaggi o lo sviluppo della trama hanno spinto me a riflettere. È una delle soddisfazioni più grandi che uno scrittore possa ricevere».

A proposito di intuizione, quello che racconti è assurdo eppure non sembra così lontano dalla realtà: uomini reclusi in una taverna che ricevono gratta e vinci e donne per distrarsi, quasi fossero al Grande Fratello; adulti che devono ritrovare sé stessi. Quanto c'è di vero in quello che racconti?
«Non so quanto ci sia di vero ma mi piace pensare che ci sia molto, se non tutto, di possibile. Non c'è niente di più affascinante di una persona senza mezzi e francamente disarmante che decide di mettersi in gioco e affrontare sfide che appaiono fuori portata. I protagonisti cercano una svolta alla loro vita piatta e lo fanno inseguendo il più banale dei progetti: l'apertura di un agriturismo. Questo piccolo passo li porterà ad affrontare un'avventura terribile e meravigliosa che trasformerà l'agriturismo in una specie di fortino e loro in piccoli eroi popolari. I reclusi nella taverna sono un pericolo da disinnescare e per farlo i protagonisti usano gli strumenti che per anni hanno disinnescato la loro esistenza. L'utopia del Lotto, l'annichilimento della tv e la droga del sesso, una volta tanto, diventano strumenti di salvezza».

Ma la Giulia 1300, vera protagonista del romanzo, è mai stata nella tua vita?
«L'Alfa Romeo Giulia 1300 era la protagonista indiscussa dei polizieschi anni 70 e dei miei sogni di bambino. I miei genitori però avevano sogni diversi e così giravamo su una Fiat 850 prima, 127 poi. Ho scelto proprio lei perché è un'auto ormai quarantenne, quindi coetanea dei protagonisti. Un'auto che sembra non avere più niente da dire e invece diventa artefice del primo miracolo».

Tre aggettivi che descrivano il tuo libro e perché.
«Perdonami se svicolo, di aggettivi te ne dico solo uno, il primo che onestamente mi viene in mente: sorprendente. Perché ha sorpreso me per primo. Davvero non mi era mai capitato di sentirmi così coinvolto in un progetto. Poi credo che la trama e i personaggi non abbiano nulla di scontato, quindi sì, sorprendente mi sembra quello giusto».

Chi è Elisa?
«È la persona che auguro a ogni Diego, quella che mette in dubbio tutte le presunte certezze sulle donne, che ti costringe a ripartire da zero e che sa metterti a nudo mentre tu pensi solo a spogliarti. Lei il suo percorso di maturazione l'ha già compiuto e la sua dote principale è quella di saper aspettare che Diego compia il suo, senza forzare la mano. Per la mia esperienza, dote rara e tutta femminile».

Hai in mente altri progetti editoriali per il futuro?
«Il mio cassetto è grande, e dentro c'è più di un libro. Però adesso voglio godermi questomo mento. Perme il primo miracolo di Giulia 1300 e altri miracoli è la sua pubblicazione».