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Daniele Scaglione - Centro permanenza temporanea vista stadio

Autore: Marco Maschietto
Testata: RadioSherwood
Data: 21 febbraio 2011

“In un paese governato ingiustamente, i giusti stanno in galera”. Così diceva il filosofo Henry David Thoreau nel 1849. Una considerazione che non perde lucidità nel tempo.
Non fingiamo, non mistifichiamo, non cerchiamo eufemistici sinonimi: i centri di permanenza temporanea sono prigioni.
Daniele Scaglione, nel suo libro “CPT vista stadio” pubblicato la prima volta nel 2008 dalla casa editrice E/O, sceglie la forma e il linguaggio del romanzo per narrare le vicende di un’Italia malata. Un libro che con leggerezza fa riflettere su questioni che pesano come macigni e che mette in luce l’isteria securitaria da cui siamo colpiti ed accecati.
Questo romanzo si apre con una sbilenca partitella di calcio. Si gioca in un campo sgangherato, con una porta disegnata con il gesso e l’altra abbozzata con due pali della segnaletica stradale. Poco più avanti viene svelato che quel campetto è il “giardino” di un CPT e da questo lager, da questa prigione, attraverso un alternarsi continuo di flash back e intrecci della narrazione, si dipana la storia di Sharmin, la protagonista di questo romanzo.
Lei è una giovane iraniana, ma è anche una vera, nel senso più profondo, tifosa di calcio. Ed è anche attraverso questa sua passione che assaporerà le amare, disumane, follie della repubblica islamica in cui abita. Ai suoi occhi di adolescente innamorata dei colpi di classe dei vari Totti e Maldini risulta incomprensibile il divieto alle donne di frequentare gli stadi. “Avrei praticato volentieri il gioco del calcio se solo me ne avessero dato l’opportunità”. La sua storia è simile a quella di tanti migranti che fuggono dai loro paesi con la speranza di trovare un po’ di pace, un po’ di serenità. Il padre di Sharmin è l’assistente di un noto professore universitario da poco incarcerato per apostasia. Anche a lui è riservata la stessa sorte. In giorni concitati si prepara il piano per la fuga dall’Iran. Il padre si farà dare un incarico come lettore a Lione, la madre e la figlia partiranno per l’Europa da turiste, cercheranno asilo politico in Francia.
Ma si sa che i piani non funzionano come le leggi fisiche e che, nella vita reale, considerare tutte le variabili è un gioco impossibile.
Nel loro transito in Italia, mentre in treno si dirigevano verso la Francia, incontreranno degli uomini che “dal loro modo di fare sembravano dei poliziotti” e che “portavano al collo dei vistosi fazzoletti verdi” e “che hanno cominciato a rompere le scatole alle africane dicendo loro che dovevano fare pulizia, costringendole ad alzarsi per poi spruzzare con una bomboletta dove erano sedute”. Una scena raccapricciante, che ricordiamo bene, e che a Sharmin e a sua madre costerà la detenzione in un CPT nelle vicinanze di Torino. Da qui in poi gli occhi della giovane iraniana, ed alcune vicende collaterali, ci racconteranno storie di ordinari soprusi, di tentate fughe, di pestaggi.
Quello di Daniele Scaglione è un romanzo che, attraverso una miscela ben riuscita di indignazione civile e di leggerezza, denuncia con forza la violenta assurdità dei CPT e la quotidiana violazione dei diritti umani che si consuma al loro interno.