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Dialogo tra Dio e Freud

Autore: Marco Ventura
Testata: Il Corriere della Sera
Data: 20 settembre 2008

Narrativa Eric-Emmanuel Schmitt

La violenza nazista va in scena giù in strada; è la sera del 22 aprile 1938. Da un mese l’Austria è annessa al Terzo Reich. Il padre della psicoanalisi è nella sua casa di Vienna; è un Sigmund Freud invecchiato, tormentato dal cancro alla gola di cui presto morirà. Uno sconosciuto visitatore gli si presenta. Ha l’aspetto di un dandy appena uscito di teatro; in realtà è Dio. Quindici anni dopo la prima edizione francese, esce in italiano il duello tra Freud e il Dio di Schmitt. È un testo molto venduto e rappresentato, di un autore noto a noi per aver scritto Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano. Ne Il visitatore Schmitt fa duellare i due protagonisti. Per il suo Freud la ragione può dissipare i fantasmi, i medici devono sostituire i santi: sta all’uomo «prendersi cura dell’uomo». I rastrellamenti sotto la sua finestra provano il fallimento di Dio. «Cosa sarebbe se Dio esistesse? Un bugiardo. Uno che prende un impegno e poi ti scarica». Dal canto suo, il Dio di Schmitt sa di esistere ed è forte per questo. Può inginocchiarsi e confessare il proprio limite: ha creato l’uomo libero, non può fermarlo. Non può opporsi all’arroganza della sua creatura: «C’è stato un tempo in cui l’uomo si accontentava di sfidare Dio, oggi prende il suo posto». Freud non crede in Dio. Dio non crede a Freud. Però ascoltano insieme il silenzio degli ebrei viennesi deportati; guardano dalla stessa finestra la malattia dell’uomo, la pazzia del mondo. Credono ancora, entrambi, che l’uomo possa curarsi.