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Tutte le ragioni pro e contro il libro e l'amore di Hannah

Autore: Masolino d'Amico
Testata: La Stampa
Data: 5 marzo 2018

In La banalità dell’amore dell’ebrea tedesca Savyon Liebrecht un sedicente studente israeliano si introduce nell’appartamento newyorchese di Hannah Arendt accampando l’incarico di intervistare la scrittrice per l’Università di Gerusalemme. Sono passati diversi anni dal processo a Eichmann e dal chiacchierato reportage della Arendt sul medesimo, accolto da polemiche soprattutto in Israele, dove ne fu addirittura vietata la traduzione; così l’autrice accoglie volentieri l’occasione per chiarire meglio il suo punto di vista e magari rispondere alle accuse.

Però, come appare ben presto, il suo intervistatore non è lì per ascoltare giustificazioni, ma per rinfacciarle non soltanto il libro incriminato, con le sue riserve sul sionismo e col suo tentativo di attribuire le atrocità naziste a subordinati ligi e poco consapevoli dei loro crimini; ma anche l’adolescenziale relazione della donna con Martin Heidegger, il grande filosofo che esortò i suoi studenti a votare per Hitler. Questo secondo capo di accusa ben presto prevale sul primo.

Col senno di poi, si sarebbe potuta rinfacciare alla Arendt la comparsa di nuovi documenti dimostranti che l’Obersturmbannfuehrer non era stato l’incolore subordinato per il quale aveva tentato di spacciarsi, bensì un genio del male della statura di capi come Himmler o Goebbels. Invece di ciò, mentre la discussione sul famigerato libro langue, in una zona del salotto dell’anziana signora agiscono una replica diciottenne di lei stessa allieva e amante di un professor Heidegger di cui subisce il prestigio e l’autorità intellettuale.

Durante i 100 minuti dello spettacolo diretto con molta finezza da Piero Maccarinelli tutti hanno modo di esporre le proprie ragioni. La Arendt vecchia non ha niente da rinnegare, nemmeno la resa, quando peraltro lei era relativamente indifesa, alla personalità del maestro, con una passione che la Arendt giovane comunica convincentemente. Heidegger giustifica la sua adesione al nazionalsocialismo con le speranze in una rinascita del popolo e della lingua tedeschi. Il testimone odierno ottiene gli elementi, se non per perdonare, per capire.

La dialettica è portata avanti con buon ritmo dagli impeccabili Claudio Di Palma, Giacinto Palmarini e Federica Sandrini intorno a una Anita Bartolucci che accantona il mestiere per cui di solito la si ammira in favore di una aspra interiorità.