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Dire molto con poche parole, le storie di Schmitt

Autore: Lorenzo Fazzini
Testata: Avvenire
Data: 16 settembre 2010

Quattro piccoli racconti, di diversa ambientazione, ma uniti da una certa comunanza di costruzione; una saggia dose di contrasto e un gusto specifico per il colpo di scena (si vede l'antica pratica del consumato commediografo). «Conditi» con una tensione «estetica» verso un significato esistenziale che non consegni la lettura al solo piacere di gustare una bella storia, ma qualcosa di più.
Eric-Emmanuel Schmitt, conosciuto in Italia per i suoi romanzi brevi - qualche titolo: Ibrahim e i fiori del Corano, Oscar e la bambina di Noè - torna con quattro nuove e gustosissime narrazioni brevi. Schmitt presenterà questa sua opera, vincitrice del Prix Goncourt per il racconto, al prossimo Pordenonelegge, domenica 19 settembre alle 17.30 a Palazzo Montereale. Dunque, i nuovi racconti usciti dalla penna dello scritture alsaziano (è nato nel 1960 a Lione). Un villaggio di campagna i Francia e una misteriosa sigona, su cui penda l'accusa di essere l'avvelenatrice dei suoi compagni di vita; una nave in mare aperto, con un macchinista che riceve una terribile (e imprecisa...) notizia sulla sua famiglia; due amici-rivali che, uniti da giovani dalla passione della musica, si trovano adulti in ruoli capovolti dalla vita, il buono divenuto cattivo e viceversa, per poi restare uniti in un tragico destino. E, infine, una geniale storia d'amore ambientata nell'Eliseo dei giorni nostri, dove la coppia presidenziale vive una liason fittizia e ad uso mediatico. Fino a quando una malattia non squarcia il velo di ipocrisia. Qui e là affiora quell'analito cristiano di cui Schmitt ha dato prova in diverse opere, in primis quel Vangelo secondo Pilato (San Paolo) in cui ha dato voce ad un inedito Cristo. Un afflato che Schmitt non disdegna di palesare, ad esempio, allorché - siamo nel racconto Il ritorno - Greg, macchinista su una nave, rifiuta di leggere la Bibbia che un compagno di avventura gli sottopone come conforto per la sua sofferenza morale causatagli dalla notizia che sua figlia è morta. «Aprire la Bibbia non significa leggere, significa riflettere», la risposta che riceve Greg. In Concerto in memoria di un angelo, racconto che dà il titolo alla raccolta, sembra riecheggiare un'espressione di San Paolo: «Da quando la gente non crede più in Dio, è disposta a credere a qualunque cosa!». E ancora: «Se uno prende coscienza di sé, può migliorare. Ci si libera, si diventa liberi.»

Il volume si chiude con una sorta di Diario dell'autore che ha accompagnato la formazione delle short stories con alcune riflessioni critiche. Schmitt difende così il racconto: «Secondo me l'arte dello scrittore, come quella del disegnatore, consistente nell'operare delle scelte: impostare un contesto adatto, determinare l'istante più significativo da raccontare, dire molto con poco.»