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Un riccio elegante mi ha rubato la vita. Gli elfi e il Giappone me l'hanno restituita

Autore: Leonardo Martinelli
Testata: La Stampa Tuttolibri
Data: 25 luglio 2020

Ricordate L'eleganza del riccio? La tenera storia di una portinaia erudita e di una ragazzina triste, figlia di un ministro, che vivono nello stesso elegante palazzo parigino. Era il 2007 e Muriel Barbery fu catapultata verso un successo improvviso, un bestseller mondiale. È uscito in Italia per le edizioni E/O il suo ultimo romanzo, Uno strano paese. E d'acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Siamo arrivati a un fantasy, assieme romanzo d'avventura e di meditazione, ispirato all'estetica asiatica e soprattutto giapponese. Siamo anni luce da rue de Grenelle, «Ma anche qui ci sono grandi storie d'amicizia, di fraternità. Non vedo altro di più prezioso al mondo». Muriel parla via Skype dalla sua «tana», persa nella valle della Loira, una casa immersa nella natura. Ecco, forse l'ultimo libro è pure un romanzo ecologista. «Sì, ma non militante. emerge la mia armonia con la natura. E la preoccupazione per il suo divenire».

Siamo nel 1938. Cosa succede allora nel mondo immaginario di "Uno strano paese"?

«Da sei anni è in corso una guerra terribile, come non ce ne sono mai state. La Confederazione, alleanza di Italia, Francia e Germania, affronta la Lega, che vede la Spagna accanto al Regno Unito e agli Stati del Nord Europa».

Insomma, pura immaginazione...

«Volevo che fosse un romanzo atemporale, non c'è nessun riferimento storico reale. Ma desideravo che restasse un certo sentore di quello che sono stati gli anni tra la Prima e la Seconda guerra mondiale: l'incredulità e al tempo stesso il terrore di fronte al nazismo e al fascismo».

La storia si svolge tra personaggi che sono umani e altri che vengono dal mondo delle brume, quello degli elfi, Dei due, qual è lo "strano paese"?

«Il titolo permette di riunire i due mondi, quello degli elfi, che ho inventato. E il mondo degli umani. Entrambi sono strani, oggetto di stupore su ogni lato del ponte che li unisce. Poi c'è un terzo paese, che mi ha sorpreso, perché non pensavo s'imponesse nel corso della scrittura del romanzo. È il mondo dei morti, che continuano a vivere con noi».

I due personaggi principali fra gli umani sono due giovani ufficiali dell'esercito spagnolo, Alejandro de Yepes e Jesus Rocamora. Cosa può dire di loro?

«Sono bravi a fare la guerra ed entrambi hanno conosciuto precocemente la morte. Sono sensibili alla presenza invisibile dei defunti tra di noi. E, quindi, possono credere che gli individui che a un certo momento si profilano dinanzi a loro siano proprio degli elfi, provenienti da un mondo invisibile agli uomini».

Alejandro è un nobile, Jesus ha origini più semplici..

«Alejandro discende da un'antica dinastia dell'aristocrazia dell'Estremadura, povero come sono stati tanti nobili del secolo passato. Vive in un antico castello incantato, con una cantina dove succedono cose particolari. Jesus è figlio di pescatori, nato nella miseria alla frontiera con il Portogallo. Ma, nonostante le origini semplici, rivela una grande nobiltà d'animo».

Tra gli elfi invece emerge Petrus, con la pancetta e i capelli rossi, iconoclasta e bevitore...

«C'era già nel mio precedente romanzo, Vita degli elfi. Avevo voluto creare un personaggio che desse leggerezza al testo. In Uno strano paese diventa uno dei protagonist. A Petrus piace il suo mondo, quello degli elfi, ma ci si annoia mortalmente. La grande avventura della sua vita consisterà nello scoprire che gli umani, sebbene incongruenti e immaturi, hanno inventato due cose meravigliose: il vino e la finzione, la capacità di elevarsi sopra il reale e d'inventarne uno che non esiste. A Petrus piace trasformare il reale con lo spirito. E il vino aiuta molto in questo...»

Spesso fa ridere. Anche in "L'eleganza del riccio" c'era molto humor. Il nuovo libro è così diverso, ma vi è una ripresa di una certa vena umoristica?

«Sì, ho avuto l'impressione di rinnovarla. L'avevo messa da parte, perché avevo voglia di testi più poetici. Ma Petrus mi ha permesso di associare le due ispirazioni».

In quella magica cantina del castillo di Yepes bevono tutti insieme uno champagne "invertito"...

«Le bollicine scendono verso il basso invece di salire in alto. Come spiega Petrus, il vino viene dalla terra ma al tempo stesso ci porta al cielo. "Quando le bolle vanno a fondo - dice - conservano il valore celeste del vino, ma decuplicano il suo valore terrestre"».

A Petrus piace tanto anche l'amarone...

«Sì, come alla sottoscritta. Tra i vini italiani, l'elfo predilige pure il moscato».

Petrus fa una precisazione: "Quelli che bevono sanno che la verità si trova sul fondo di una bottiglia di amarone".

«Lo dice a un pittore italiano, Alessandro Centi. Sono simili lui e l'elfo, perché non sono nati nel posto giusto. Petrus vorrebbe diventare un umano e Alessandro un elfo, per raggiungere quella bellezza della pittura che cerca invano di riprodurre».

Leggendo le sue descrizioni del mondo degli elfi, brumoso ed etereo, si pensa al Giappone...

«Dopo l'uscita dell'Eleganza del riccio, il successo mi aveva stravolto l'esistenza. Non è stato sempre facile, perché sono una persona molto riservata. Ma ho potuto cambiare vita. Ho lasciato il mio lavoro d'insegnante di filosofia in Normandia e ho viaggiato molto. Nel 2008 e nel 2009 ho vissuto a Kyoto. Il Giappone mi è entrato nel profondo. A lungo ho cercato di buttare giù romanzi ambientati lì. Volevo trascrivere il mio stupore ma non funzionava e allora ho inventato il mondo degli elfi, per poter metabolizzare quello che avevo vissuto, ma in maniera deviata».

C'è solo il Giappone in "Uno strano paese"?

«Ci sono molto i giardini di Kyoto ma non solo. Anche l'antica pittura cinese, che è sempre connessa alla poesia e alla calligrafia. E affiorano pure le mie esperienze altrove in Asia. Quando a un certo momento, Alejandro e Petrus bevono il tè e si chiede loro di sentire l'odore della tazza vuota, ho pensato ai ricordi di una casa da tè a Taipei, a Taiwan. Lì è uno dei riti più diffusi: versarlo in una piccola tazza e poi in un'altra. Ma prima di gustarlo si sente l'odore in quella lasciata vuota».

Veniamo alle influenze di cui risente quesot libro. Si può pensare a Tolkien...

«Sì, ma curiosamente non per gli elfi. Piuttosto per il rapporto con la natura che è descritto in Il signore degli anelli. Avevo amato le descrizioni della Terra di mezzo, dei suoi paesaggi, della connivenza degli esseri viventi con la natura. Il fatto che gli alberi siano vivi, le pietre parlino».

Altre influenze?

«Jean Giono, che rappresenta i due versanti della mia vocazione di scrittrice: la potenza del racconto e al tempo stesso la poesia della lingua».

Le piacciono i cartoni animati di Hayao Miyazaki?

«Molto. Sicuramente c'è stata un'influenza. Il mio vicino Totoro o Kiki-Consegne a domicilio sono opere magnifiche, le conosco a memoria. Sono sicura che hanno giocato un ruolo nella scrittura di questo libro: la meraviglia dei paesaggi naturali, le case in mezzo ai boschi, l'incanto dei fiori».

E per la grande battaglia finale, raccontata nel romanzo, come si è preparata?

«Ho riletto L'arte della guerra di Sun Tzu fondamentale per la strategia militare. Mi hanno influenzato anche le immagini dell'Apocalisse».

Alla fine c'è riuscita a scrivere un libro sul Giappone?

«Sì, uscirà a settembre. È una storia d'amore nella Kyoto contemporanea».

Niente elfi?

«No, sarà molto diverso da Uno strano paese. Io cambio genere praticamente ogni volta».