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Midoriko è disgustata dal suo corpo (e dalla mamma che vuole rifarsi il seno)

Autore: Viola Di Grado
Testata: La Stampa Tuttolibri
Data: 29 agosto 2020

Il Giappone, paese di fascinosi contrasti, si dibatte attualmente tra una virtualità sempre più strutturata (monaci robot, badanti robot) e un rapporto con il corpo ancora appeso a retaggi antichi, animistici (lo shintoismo, con ì suoi atavici dualismi puro/impuro che regolano il rapporto con la fisicìtà, permea la realtà quotidiana). Seni e uova racconta, in una prosa tradizionale, le pieghe di questi contrasti, gli smottamenti di coscienze femminili agli albori di una presa di coscienza del proprio corpo, che a tratti si dibattono in esso e altre volte si impongono per modificarlo e renderlo più «proprio», o si risentono perché qualcun'altra è riuscita a farlo meglio.

La protagonista si chiama Natsuko, cioè verosimilmente «bambina dell'estate», e infatti il suo rapporto labile con la vita, segnato da una continua incapacità di trovare una stanza tutta per sé, ricorda un po' la sostanza evanescente e al contempo opprimente del tempo durante la stagione del sole e del lavoro interrotto. La sorella di Natsuko, Makiko, vuole rifarsi il seno, in un inquietante parallelismo con la madre che di tumore al seno è morta tanti anni prima. La figlia di Makiko, Midoriko, un'adolescente che non le parla più, è ossessionata dal ciclo mestruale in tutte le sue manifestazioni pratiche e dai suoi cambiamenti fisici, e disgustata dal desiderio di sua madre di rifarsi il seno.

Mentre l'accostamento fantasioso del titolo suggerisce provocazioni stilistiche o concettuali, il racconto di Kawakami procede con semplicità e un tocco di candida surrealtà come gli shòjo anime che guardavamo da bambine negli anni '80, rapite dagli eventi e dai colori sgargianti. I maschi sono assenti o strumentali, e questa è l'idea più riuscita del romanzo, proprio perché vagamente politica (in Giappone, ad esempio, non è possibile abortire senza il consenso del padre). L'unico uomo che produce un vero impatto in Natsuko è un ex compagno di classe che ai tempi della scuola era una donna: la vista produce in lei, ignara che il genere sia anzitutto una costruzione sociale, uno sconvolgimento tale da generare una serie di allucinazioni, un sogno fumettoso che scompone la figura maschile acquisita in tanti piccoli esserini che proclamano la fine dei generi sessuali, scena che sembra provenire da un'epoca ormai (per fortuna) lontana. Evocative le finestre del malinconico incipit («Brancolo in cerca di finestre. Una se ne aprisse, a mia consolazione», scriveva Kavafis), che nel libro sono unità di misura della povertà: è infatti un romanzo di buchi che si schiudono sui muri, di mancanze e di acquisizioni che passano dal corpo, lo livellano o lo moltiplicano, anche se poi le finestre psichiche dei personaggi così intenti su ovuli e mammelle, sulle unità minime della femminilità si aprono appena, fermandosi sempre un attimo prima che queste realtà corporali diventino metafore.

In questo mi ha fatto pensare a Lanthimos, ai dialoghi iperfisici del suo splendida sacrificio del cervo sacro, che però utilizza il gelo dell'organismo, la corporeità non semantica delle cose, per filtrare idee sul senso animistico della medicina e restituirci i tenori atavici di cui nonostante la scienza non ci siamo ancora liberati, laddove Kawakami ci consegna il tocco muto e mite di una parola a metà, di un corpo ingombrante eppure non del tutto pensato.