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Valérie Perrin ha gli antidoti: vita, natura, arte

Autore: Jessica Chia
Testata: Corriere della Sera - La Lettura
Data: 26 settembre 2020

Una casa di riposo e un cimitero: in questi due luoghi la vita, la morte e la memoria tengono unite le esistenze degli uomini. E qui la scrittrice francese Valérie Perrin (1967) ha ambientato i suoi primi due romanzi. Uno di questi, Cambiare l'acqua ai fiori (e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca, 2019), è diventato un caso editoriale: in Italia ha venduto quasi 200 mila copie e a un anno dall'uscita resta nella classifica dei libri più venduti. Ora affiancato da II quaderno dell'amore perduto, il primo romanzo, del 2015, tradotto da Giuseppe Maugeri per Editrice Nord nel 2016, e riproposto in una nuova edizione.

L'autrice, che è anche fotografa di scena e compagna del regista francese Claude Lelouch (1937), col quale scrive le sceneggiature per i suoi film, sarà ospite a Insieme festival a Roma, in presenza, il 3 ottobre (ore 17.30, auditorium, zona Cavea, con Loredana Lipperini). Pur avendo scritto entrambi i libri prima che la pandemia sconvolgesse l'umanità, qui Perrin affronta temi che hanno nuovi significati alla luce di quello che è venuto dopo: la resilienza, il rapporto con la natura e quello con la morte. La riscoperta dell'essenziale. «Il confinamento — dice Penin a “la Lettura” — ha cambiato qualcosa nella testa della gente; ci siamo resi conto che i valori essenziali risiedono in chi amiamo, nelle piante, ma anche nella calma e nel raccoglimento. E mentre il mondo ha smesso di produrre, siamo stati forzati a riflettere. Il risultato è che o le persone si sono avvicinate o è avvenuto il contrario: abbiamo assistito a un ritorno obbligato alle cose fondamentali».

Questi temi hanno forse reso Cambiare l'acqua ai fiori — annoverato tra i titoli della cosiddetta Up-Lit, la narrativa che consola, che «tira su» — uno dei libri più letti in Italia durante il lockdown. «È stato un caso — racconta Perrin — forse perché narro l'approccio di Violette, la mia protagonista, alla natura; il fatto che non mangi carne, che si prenda cura dei gatti del cimitero e delle persone intorno a lei con empatia». Violette Toussaint («Ognissanti») è la guardiana in un cimitero in Borgogna. Abbandonata dal marito, la donna vive una quotidianità fatta di piccole cose: le chiacchiere con i becchini e con i visitatori, l'orto da curare. Finché un poliziotto venuto da Marsiglia per seppellire la madre stravolgerà la sua vita.

Anche Justine Neige ha cura delle piccole cose. Cresciuta senza genitori come Violette («i miei personaggi sono danneggiati dalla vita, ma in loro c'è una sorta di resistenza che li rende più forti di tutto, pur essendo persone semplici»), anche lei vive in un paesino nel cuore della Francia, dove lavora come aiuto infermiera alle Ortensie, una casa di riposo. Nelle sue mani le storie che ama ascoltare dagli anziani riprendono vita dentro un quaderno azzurro, nel quale annota ogni piccola, fragile esistenza. È la trama de II quaderno dell'amore perduto (in francese intitolato «I dimenticati della domenica») che in questi mesi riporta alla mente l'incommensurabile perdita dei nostri anziani («da noi, come in Italia, il virus è stato terribile dentro le case di riposo»). Intanto in Francia l'incubo del secondo lockdown si avvicina (nell'ultima settimana sono stati circa diecimila i casi al giorno): «Io vivo tra Parigi e la Normandia; la situazione è molto difficile, soprattutto al sud e nelle città; le mascherine sono obbligatorie ovunque, le rianimazioni sono di nuovo piene. E la situazione è drammatica anche per il settore della cultura, dal teatro ai concerti».

I due titoli di Perrin hanno in comune anche il tema della memoria. «Justine – prosegue la narratrice – interroga gli anziani perché vuole preservare le loro esperienze. Violette vuole conservare la memoria dei morti, come fanno gli epitaffi, cioè parole d'amore che i vivi lasciano per le persone scomparse. Per lei nessuno è morto finché qualcuno continua a pensarti; per questo ha un quaderno dove registra i funerali: chi viene sepolto, chi è presente, quali fiori sono stati scelti. Entrambe, attraverso la letteratura, proteggono sulla carta il ricordo delle persone». E in entrambe le storie e i libri hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dei personaggi. «Credo che il ruolo della letteratura, in tutte le sue forme, come i film, le serie tv, sia di salvare molte vite».

In un presente fragile come quello attuale, la parola «salvezza» è vincolata a quella di «futuro»: «Io non so che tipo di futuro ci attenda. Ma c'è una cosa che spero con tutto il cuore: che la priorità per il Pianeta sia il Pianeta stesso. Se vogliamo vivere, occorre salvarlo. Oggi l'umanità intera, che siano gli Usa, l'Europa, la Cina, deve salvare la natura. Questa dev'essere l'urgenza di tutti. In Francia da tre anni viviamo una grande siccità, non c'è più acqua. Gli alberi stanno morendo di fame, non solo di sete, perché non hanno più acqua e nemmeno più tempo per nutrirsi. In Italia avete Papa Francesco che è un uomo straordinario: solo lui potrebbe, attraverso la religione, radunare i potenti del mondo; e così tutti gli uomini di fede dovrebbero convincere i politici a prendere decisioni in questo senso. Oggi nessun ritorno è possibile. Spero che questo virus possa almeno essere utile a capire». E il cambiamento è possibile a cominciare da noi, «un gesto semplice, per esempio, è mangiare meno carne perché ormai sappiamo come va a influire sulla salvaguardia del pianeta». È soprattutto in Violette che la salvezza passa attraverso il rapporto con ciò che la circonda: «A un certo punto dell'esistenza, lei vuole solo lasciarsi andare. Grazie alla cura dei gatti e riconnettendosi alla terra, piantando le verdure, guardandole crescere, mangiandole, gustandole, si rende conto che la vita è dappertutto e soprattutto nella natura. E che la morte si trasforma in vita, che è ovunque, in un albero, in una farfalla, nella bellezza del mondo, in un'aria di Bach. E non si vive che per questo».