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Tettagna, il paese delle donne

Autore: Mirella Armiero
Testata: Corriere del Mezzogiorno
Data: 31 ottobre 2020

Tettagna, di Patrizia De Luca, edizioni e/o, è una favola nera, a tratti grottesca. Siamo in un paese dell’entroterra campano: fin dal nome (che dà il titolo al romanzo) il luogo rimanda al seno femminile e alla facoltà che questo attributo conferisce alle donne della contrada. Di fronte alla vista del seno nudo di un’abitante di Tettagna nessun uomo potrà resistere e sarà vittima di un legame indissolubile, a meno che non decada dal cuore della sua amata. E allora per lui saranno guai peggiori. Al centro della vicenda c’è Assunta con la sua smania di vivere: sposa e madre giovanissima, incontrerà solo dopo qualche anno il vero amore. Tutta costruita sul nodo cruciale dell’incantesimo, la storia scorre veloce anche se è un po’ macchinosa in alcuni ingranaggi. A offrire vivacità al discorso c’è la rappresentazione della vita di paese e della sua sapienza antica, contrapposta alla città. Assunta a un certo punto trova lavoro a Napoli come donna di servizio e questo periodo è per lei una sorta di apprendistato: si muove tra libri, che ha sempre disprezzato; impara che l’eleganza non è fatta per forza di colori sgargianti e soprattutto apprende il calore di un legame sentimentale meno brutale di quello avuto con il marito. Questa è forse la parte più interessante del romanzo, ovvero quella che coglie la trasformazione e la forza della donna. In altri passaggi prevale invece l’aspetto soprannaturale. E se è possibile talvolta rintracciarvi l’eco di un realismo magico in versione napoletana, altrove sembra più viva invece la lezione di Basile e dei suoi racconti crudeli e fascinosi. Eppure le incursioni nei territori degli incantamenti e delle leggende non si traducono in una scrittura febbrile e allucinata come ci si potrebbe aspettare. Ci sono le pozioni magiche, le morti pazze e le donne innamorate, ma il tutto non si amalgama con la sufficiente fluidità in un tessuto narrativo intenso e convincente. Meglio quindi la parte «realistica» del racconto, che in fondo parla metaforicamente del potere e di come le donne abbiano sempre dovuto esercitarlo, quando vi avevano accesso, con qualche sotterfugio.