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Premio Rapallo-Carige, tre scrittrici con il male di vivere

Testata: Il Giornale / Genova
Data: 28 maggio 2011

La protagonista è lei, rossetto viola, mezzi guanti di pizzo nero, collana di plastica a fiori e collant a scacchiera: più la curiosa borsetta a forma di civetta color ciclamino: Viola Di Grado, 23 anni, vincitrice del Premio «Opera Prima» - nell'ambito del Premio «Rapallo Carige» - con il romanzo «Settanta acrilico trenta lana» (Roma, Edizioni E/O, 2011) è tutto fuorché conformista ed è la più giovane presente nella sede milanese della Banca Carige. Con un racconto crudo, gettato in un mondo cupo e straziato dal malessere, in cui tutto tende a sprofondare in un ossessionante buco nero; e sostenuto da un linguaggio nuovo e corrosivo, da una scrittura di forte fisicità. L'inadeguatezza di vivere nel mondo, «un disagio pari a quello in cui si trova indossando un maglione con il settanta per cento di acrilico, quindi di pessima qualità, di quelli che ti fanno sudare freddo». A Milano sono state presentate ieri mattina le tre finaliste - tra le 122 autrici in concorso - del Premio Letterario Nazionale per la Donna Scrittrice «Rapallo Carige», promosso da Banca Carige e dal Comune di Rapallo e giunto quest'anno alla sua XXVII edizione; cerimonia conclusiva, sabato 18 giugno (ore 18,30) a Rapallo, nel giardino di Villa Tigullio (in caso di pioggia, nel teatro auditorium delle Clarisse), presentata da Livia Azzariti e cui interverranno come ospiti d'onore gli attori Caterina Vertova (madrina dell'evento), Massimo Venturiello e la cantante Mietta. Ecco la terna finale: Maria Pia Ammirati con «Se tu fossi qui» (Milano, Cairo Editore, 2010), Donatella Di Pietrantonio con «Mia madre è un fiume» (Roma, Elliot Edizioni, 2011), Federica Manzon con «Di fama e di sventura» (Milano, Mondadori, 2011) che si contenderanno il favore della giuria e che affiancano appunto la giovanissima Di Grado e la più che nota Franca Valeri, vincitrice del Premio Speciale della Giuria con «Bugiarda no, reticente» (Torino, Einaudi, 2010). La paura e l'incapacità di amare, rapporti quasi impossibili tra madri e figlie, nodi che si sciolgono dopo una vita intera quando non addirittura dopo la morte, corsa impazzita contro il destino, le frustrazioni, la solitudine e il vuoto affettivo, alla ricerca di se stessi. Temi spessi. Sempre con una scrittura viva, brillante e con la capacità di avvincere, rapire, emozionare. Alla faccia della letteratura rosa di facile consumo. E chi ha in mente i romanzetti di evasione da leggere sotto l'ombrellone, beh, si rassegni: non è questo il caso. Ma l'eroina del libro della Di Grado si chiama Camelia, un fiore bellissimo, come può cercare nel brutto e nell'aberrante il suo rifugio?
Domanda lecita, ma la risposta ti annienta: «la camelia è splendida, ma quando appassisce il fiore cade al suolo di botto, come una testa decapitata». Definitivo. Dimentichiamoci, con loro, la lettura da spiaggia e diciamolo: il talento (impegnato) è femmina.