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Nel Decameron della memoria ebraica non ci si salva da soli dalle follie della storia

Autore: Mirella Serri
Testata: La Stampa - TuttoLibri
Data: 23 gennaio 2021

«L’ebreo ha il dovere di sopravvivere persino mentendo, la Bibbia offre esempi precisi»: non ha dubbi sull’interpretazione dei testi sacri e nemmeno sul comportamento ragionevole e acquiescente che connota un buon ebreo, il consigliere della Comunità ebraica romana Vittorio Sabatello, laureato in economia e commercio. Nonostante Sabatello usi sempre il discernimento razionale e, seguendo la logica, riduca il tasso di incertezze nelle sue decisioni, è assai difficile ottemperare per lui al rude di padre e gestire la rivolta di Graziano, il figlio. Le difficoltà si assommano a quelle esterne: educare in tempo di guerra, nell’Italia governata dalle leggi razziali, non è impresa da poco. Ha dato vita a un bellissimo «Decameron ebraico» Lia Levi in Ognuno accanto alla sua notte in cui sono solo tre i personaggi che, durante le vacanze di Pasqua, trascorrono una settimana in una villa in Toscana e s’intrattengono vicendevolmente con la narrazione della «buia notte» che ha segnato le loro vicende familiari negli anni della persecuzione razziale.

Ne Il racconto di Saul, l’equilibrato consigliere Sabatello cerca di moderate il passionale adolescente che vuole seguire l’esempio dei Maccabei, prendere le armi e incitare alla rivolta. Graziano non vuole frequentare la scuola dei correligionari, sottomettendosi così alle leggi fasciste che hanno espulso gli scolari ebrei dagli istituti italiani. Si oppone all’autorità del genitore con un fuoco di fila di rimproveri: suo padre, nonostante avesse avuto il diritto di veto, ha chinato il capo e ha accettato di cacciare il rabbino capo non gradito ai fascisti in quanto sionista. Sabatello s’illude, gli rimprovera sempre il figlio, che alla fine del 1943 si arriverà alla pace e alla vittoria degli Alleati. E sostiene pure che la Germania, con l’avvicinarsi degli americani, salverà per calcolo politico gli ebrei nella città del Papa. Paradossalmente, quando nel pomeriggio di domenica 26 settembre 1943 Kappler convoca il Presidente della Comunità Ebraica di Roma e quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, intimando loro la consegna di almeno 50 chilogrammi d’oro, Sabatello vede una conferma alle proprie previsioni: «Nell’Urbe i tedeschi razziano oro ma non toccano le persone». Ottimismo e cecità vanno a braccetto per chi si fida di Kappler il quale, pur avendo promesso agli ebrei l’incolumità, mette in atto la razzia del 16 ottobre 1943 nel ghetto di Roma.

Lia Levi, nata a Pisa in una famiglia piemontese e romana d’adozione, con uno stile sommesso ed elegante, attraverso i destini intrecciati dei suoi protagonisti dimostra che nella storia non domina «il ragionevole» ma «l’irragionevole». Ecco così lo strazio, nel primo racconto, per una madre costretta a scegliere tra due figlie: una che rimane in Italia e l’altra in procinto di fuggire in Canada con i due bambini e il marito. Nella seconda narrazione rabbia e frustrazione turbano i sonni di uno stimato scrittore ebreo: autore televisivo e radiofonico non può firmare per via delle leggi razziali i suoi parti letterari e deve utilizzare un prestanome. Nei confronti del quale a travolto da gelosia, dubbi, sospetti, non necessariamente infondati.

Questo speciale «Decameron» della Levi ci ricorda che le scelte, nella follia della storia, sono tutte arbitrarie. Ma anche che non ci si salva mai da soli. Fondamentale è l’aiuto che la portinaia Antonina offre alla famiglia di ebrei che abitano nel palazzo da lei custodito. Marta e Colomba sono due amiche: si spalleggiano, si aiutano e si proteggono. Mentre si reca alla scuola ebraica, Colomba rischia di finire pestata da un gruppo di balilla pronto a divertirsi massacrando di botte l’ebreuccia. A impedire la mattanza è il figlio di nato fascista che viene catturato dalla bellezza dei suoi riccetti. Anche la mamma del ragazzo innamorato non tollera le persecuzione e dona un suo anello d’oro per aiutare la comunità romana pressata dai nazisti.

Il libro di Lia Levi ci conduce così nella sotterranea rete di solidarietà che in Italia ha aiutato le vittime. Ma soprattutto esplora con perizia ineguagliabile gli antri oscuri dei sentimenti che si scatenano quando si è in bilico e non si possono formulare previsioni né vi sono certezze.