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Storie come isole nella tempesta

Autore: Simone Pieranni
Testata: Il Manifesto
Data: 14 aprile 2021
URL: https://ilmanifesto.it/storie-come-isole-nella-tempesta/

«Più che dal Sudamerica il mio realismo magico arriva dalle montagne, dagli oceani e dal luogo in cui sono nato. Altri elementi, dalle scienze naturali e dalla cultura aborigena»

Acqua d’oceano, acqua tra le case, acqua ovunque. E l’acqua porta spazzatura, rifiuti, disastri, e pensieri, storie, avventure e epica. Wu Ming-yi in Montagne e nuvole negli occhi (e/o, pp. 304, euro 18, traduzione dal cinese di Silvia Pozzi) racconta l’epica della resistenza individuale al cambiamento climatico, fenomeno che rapisce l’anima dei personaggi, portandoli a scelte che appaiono affiorare dalla profondità degli oceani. Sia essa una vicenda umana drammatica come quella di Alice, sia la tradizione di una popolazione, come quella che colpisce i secondogeniti degli Wayo Wayo, sia un’esistenza a rincorrere un posto dove stare come Haifay. L’acqua è ovunque e accorcia il tempo dell’esistenza e del territorio fisico: ogni personaggio vive su un’isola, che spesso si muove di volontà propria solcando leggende e realtà; ogni personaggio è esso stesso un’isola, una zona mentale talvolta in balia delle tempeste, talvolta ripiegata nella calma apparente di onde trasparenti. Wu Ming-yi racconta le storie dei suoi personaggi muovendosi tra fantasia e durissima realtà: quella di un luogo, Taiwan, perseguitato dai cambiamenti climatici e con radici che affondano nella storia delle sue popolazioni indigene; una strenua resistenza contro l’uomo bianco nel pieno rispetto della natura, qualcosa da assecondare, da accarezzare e contrapporre ai soprusi umani.

Ursula Le Guin ha iscritto l’autore taiwanese all’interno di quel realismo magico sudamericano che ha poi trovato assonanze in altre parti del mondo. Wu Ming-yi ha però una sua originalità nel momento in cui le leggende degli indigeni di Taiwan ci riportano a una storia comune decisamente reale, quella del colonialismo non solo territoriale ma soprattutto culturale. A scardinare questo meccanismo è l’evoluzione delle tante storie del libro, verso una discesa corale nella cura di sé e del mondo circostante, garantita dalla capacità di mettersi in ascolto senza neppure conoscere la lingua delle altre isole che vanno a formare un arcipelago umano dal quale è difficile staccarsi, pagina dopo pagina, guarigione dopo guarigione. (...)