Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Il Kung Fu mi ha insegnato a essere libero

Autore: Antonio Gnoli
Testata: Robinson
Data: 24 aprile 2021

Che a vent’anni fosse pronto per camminare lungo strade ignote, non lo avrebbe certo immaginato. A vent’anni si pensa ad altro che non andare alla ricerca di un maestro, perché lo si è perso, o perché certi destini personali si vestono di un insolito altrove. Me è così che è andata questa storia che vorrei raccontare attraverso le parole del suo protagonista: Paolo Cangelosi, maestro di Kung Fu, oggi sessantenne, la cui vicenda è diventata un libro (L’uomo e il maestro, edito da e/o) che appassiona. Cangelosi lo ha scritto con Nathalie Tocci, che ha impresso la sensibilità letteraria a una materia fatta soprattutto di gesti e spirito.

(…)

Lei è un “Sifu”?

«Sifu vuol dire maestro. Ho avuto la fortuna di incontrarne casualmente uno all’età di undici anni. E lo sono diventato. Oggi insegno a pochissime persone e affido ai miei collaboratori il rapporto con gli allievi».

Come avvenne quel primo incontro?

«Fu uno zio che mi condusse da lui. Aveva saputo di un giapponese che lavorava in una falegnameria e che nel tempo libero praticava karate. Andammo a trovarlo e questo orientale accettò di darmi qualche lezione. Scoprii due cose. Non era giapponese ma cinese, e non era maestro di Karate bensì di Kung Fu».

Per un profano occidentale tutte le arti marziali si somigliano.

«Nessuna è uguale alle altre e nella stessa disciplina convivono numerosi stili, come appunto nel Kung Fu, la cui storia risale a più di 4500 anni fa. A seconda della regione in cui si è praticato ha sviluppato scuole e tecniche differenti».

Il suo maestro da dove veniva?

«Si chiamava Fu Han Tong e veniva dalla Cina popolare, da cui era scappato».

Per ragioni politiche?

«So che era stato esponente della mafia cinese da cui si era voluto allontanare. Ma una volta che si è dentro non ci si può dimettere. Di qui la sua fuga. Era vissuto in varie parti del mondo. Alla fine si rifugiò a Genova. Fu lui a insegnarmi quasi tutto, anche i risvolti più puri che ci sono nel Kung Fu».

Cosa intende per puro?

«Che non c’è solo l’aspetto tecnico, o estetico; ma anche la storia e la filosofia cinese da cui nasce, la medicina tradizionale cinese che coinvolge, l’introspezione ritualistica cui aspira. Un conto è praticare un’arte marziale in palestra, un altro è avere un maestro cresciuto in quella cultura».