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Massimo Carlotto - Alla fine di un giorno noioso

Autore: Domenico Gallo
Testata: Pulp
Data: 13 luglio 2011

Giorgio Pellegrini era stato il protagonista inquietante e indimenticabile di Arrivederci amore, ciao, una vicenda dalle molte sfaccettature che ha saputo rappresentare quel crocevia storico e umano che ha visto abbracciati la fine del ciclo di lotte degli anni Settanta e il dispiegarsi di nuove forme del potere in Italia. Merito di Massimo Carlotto è di avere inventato due personaggi che, complessivamente, sono stati capaci di interpretare le due forme di sopravvivenza, eticamente opposte, che si sono messe in campo nella deriva populista di questo nostro travagliato Paese. Il ciclo dell'Alligatore racconta di un militante innocente, finito in carcere per un delitto che non ha commesso ma che, all'interno di un nuovo contesto, mette in campo un'eredità politica che cerca di non accettare supinamente la realtà in cui vive, una realtà aggressiva e violenta di cui non accetta le regole. Giorgio Pellegrini è invece un militante che ha commesso molti delitti e, grazie alla sua capacità mimetica, non è finito in carcere e ha accettato in pieno le regole del nuovo potere. Ora che è stato pubblicato un secondo episodio dedicato a Pellegrini, Alla fine di un giorno noioso, mi sembra che questo affresco sociale della nuova Italia si sia estremamente arricchito. Un insegnamento che possiamo trarre da questa lettura è forse che il potere non ti dimentica, e non ti consente di crearti una nicchia in cui goderti i risultati dei compromessi. Il potere chiede continua devozione e non garantisce equilibrio, e l'unico modo per non soccombere sembra essere quello di esercitare il potere con una violenza sempre maggiore. Del resto, l'ultimo romanzo dell'Alligatore si chiude proprio con la stessa situazione e con la necessità di riprendere, in forma diversa, lotte da troppo tempo interrotte. All'interno di questa rottura della tregua, Giorgio Pellegrini è calato in un noir in cui la costrizione all'azione è l'elemento caratterizzante di tutta la narrazione, come spesso accade nei modelli narrativi statunitensi; il linguaggio è scarno, ridotto all'essenziale, come se la pre%ione crescente sul protagonista non consentisse altro stile che questo. Una domanda: ma i tempi stanno cambiando?