Farebbe pensare a una provocazione con un retrogusto di feroce cinismo il sottotitolo del romanzo di Massimo Carlotto LE IRREGOLARI. Sulla copertina rossa sangue del libro si legge infatti:Buenos Aires Horror Tour . Ma basta addentrarsi un po' nella lettura per rendersi conto che l'indicazione editoriale si ferma alla superficie. In realtà, si tratta di un libro di valore che nella forma agile del racconto ricostruisce minuziosamente la tragedia della dittatura argentina e lo sterminio perpetrato dai militari per distruggere ogni forma di opposizione.
Ne escono pagine strazianti; ostinate e febbrili nel tentativo di restituire in qualche modo un volto e un'identità ad alcuni degli oltre trentamila desaparecidos di cui fino ad oggi è stata denunciata la scomparsa.
Ogni paragrafo è una lancinante testimonianza. Senza sosta passano davanti agli occhi terribili squarci di vita, storie di studenti sequestrati e uccisi per aver simpatizzato con i gruppi di opposizione, giovani sovversive che venivano torturate durante i mesi di gravidanza ma misericordiosamente lasciate sopravvivere fino al giorno del parto per poter vendere il neonato a qualche militare che non aveva figli; militanti della gioventù peronista e ebrei che misteriosamente venivano fatti sparire nei campi di concentramento clandestini dopo feroci torture.
E tra le pieghe di questo doloroso e inarrestabile racconto, tenuto insieme da un espediente narrativo autobiografico (la ricerca delle tracce lasciate in Argentina da un nonno anarchico e antifascista, emigrato in Sud America agli inizi del secolo), Carlotto trova il modo di ricostruire punto per punto i metodi repressivi della desaparecion argentina e, sul versante opposto, di riportare le straordinarie battaglie contro la dittatura condotte dalle cosiddette "irregolari", le donne argentine che non si sono rassegnate al silenzio e che ancora oggi continuano a chiedere a un governo che si dice "democratico" la verità sulle persone scomparse non solo tra gli anni 50 e 70 ma anche in tempi recenti, quando ormai di dittatura ufficialmente non si parlava più.
L'io narrante le incontra durante questo suo viaggio, tra una sosta in un albergo di terza categoria e i ripetuti vagabondaggi nel ventre di Buenos Aires a bordo di un disperato autobus della memoria che ogni giorno ripercorre gli stessi itinerari per tenere vivo il ricordo degli assassinati dal regime. E di ogni donna impegnata nelle associazioni delle Nonne e delle Madri o fotografata durante una dimostrazione per i diritti umani in Plaza de Mayo, Carlotto traccia in poche righe un folgorante ritratto, senza retorica ne mette in luce la determinazione, la dolcezza e il coraggio rivoluzionario nel non cercare "soltanto giustizia per i propri morti ma anche per i vivi oppressi e sfruttati". Ma scendendo nelle piazze dove confluisce la protesta delle madri dei desaparecidos argentini, degli zapatisti Marcos, dei Sem Terra e dei minatori boliviani e dove a volte s'incontrano striscioni che confusamente recano l'immagine di Evita accanto a quella di Che Guevara, Carlotto mette a nudo anche altri aspetti della vicenda argentina che non sempre la storia ufficiale sottolinea a sufficienza.
Svela le coperture internazionali di cui i generali del regime hanno goduto continuando, indisturbati, a fare affari con l'Urss, con gli Usa non meno che con il governo italiano che si è impegnato in imprese faraoniche Oltreoceano.
Denuncia senza mezzi termini la collusione che la chiesa argentina ha avuto con la dittatura raccontando di personaggi come monsignor Plaza che faceva da mediatore per i riscatti o del nunzio apostolico Pio Laghi, compagno di partite a tennis del piduista ammiraglio Emilio Eduardo Massera, che - racconta una madre a Carlotto - "confortava gli assassini e li incitava a uccidere".