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«Quell'amore folle che spinse Belle a fingersi bianca»

Autore: Riccardo De Palo
Testata: Il Messaggero
Data: 23 ottobre 2021

L'intervista: Alexandra Lapierre

«Mi interessano tutte quelle persone straordinarie che in un modo o nell'altro hanno cambiato la storia dell'umanità. Mi fa rabbia che siano state dimenticate, come tante donne escluse per ragioni sociali. Nel caso delle pittrici, erano i mariti a firmare le loro opere». Alexandra Lapierre ci accoglie nella sua bella casa romana, con le pareti tappezzate di opere di Paul César Helleu, il pittore della Belle Époque. Il suo ritratto di Belle da Costa Greene, la protagonista del suo nuovo romanzo, campeggia sulla copertina dell'edizione italiana.

(...) Torniamo alla protagonista del suo ultimo libro, Belle Greene. Cosa aveva di straordinario?

«Belle finse di essere una bianca, rischiando l'impiccagione. Un nero che si faceva passare per un bianco a quel tempo (l'inizio del '900, ndr) commetteva un crimine. Ma era l'unico modo per avere accesso alla cultura, per viaggiare. Nessun'altra donna, e ancor meno una nera, poteva dire di essere arrivata al suo livello. Era la più pagata d'America. Non solo. Lei non era ricca grazie a un marito, come altre donne a quel tempo, anzi: non poteva sposarsi. Era chiara di pelle, ma rischiava di avere un figlio nero, di farsi scoprire. Belle riuscì ad avere una carriera internazionale, ad andare alle aste da Christie's e Sotheby's, a diventare la più potente donna al mondo. E tutto grazie a J. P. Morgan».

Come riuscì a non essere scoperta?

«Arriviamo al paradosso: lei era la più onesta nel suo campo ma, allo stesso tempo, tutta la sua vita era una bugia. Il nome era falso, le sue origini erano false. Non l'hanno smascherata soltanto perché nessuno poteva immaginare che il braccio destro di Morgan fosse una donna nera. Ma lei rischiò tantissimo, suo padre era il più grande attivista nero dell'epoca».

(...) Anche questo romanzo è frutto di meticolosa ricerca storica?

«Nel mio libro non ci sono personaggi né avvenimenti inventati, è tutto documentato. Volevo capire cosa volesse dire essere una donna di colore a New York. Ho passato molto tempo a Firenze perché tutte le lettere di Belle sono alla villa I Tatti, che fu la residenza dello storico dell'arte Bernard Berenson, di cui lei fu l'amante per quarant'anni. Le scrisse 628 lettere, la più lunga è di 28 pagine. Non si potevano scattare foto di alcun tipo, così ho dovuto copiare tutto a mano. Pian piano, mentre scrivevo a matita, cominciavo a pensare come lei».