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Intervista a Massimo Cuomo

Autore: Antonella Bagorda
Testata: Thrillernord
Data: 5 novembre 2021
URL: http://thrillernord.it/intervista-a-massimo-cuomo/

Non posso non cominciare dal principio. Da generazioni e generazioni ci tramandiamo il modo di dire “Ah, se queste mura potessero parlare…”, lasciando intendere che tutti, chi più chi meno, ci portiamo dentro casa i nostri segreti inconfessabili. Come ti è venuta l’idea di dare la parola all’appartamento, possessore per eccellenza di segreti?

A un certo punto, credo, ho avuto la sensazione di essere osservato. Ma ero solo, non c’era nessun altro con me. Allora ho cominciato a riflettere sulla possibilità di essere osservato dalla casa in cui vivo. E sulla possibilità che le case, i muri, oltre a guardare possano persino raccontare quello che guardano. Ricordo che in quel momento stavo pensando a una storia un po’ diversa, in cui lo sguardo della casa sarebbe stato solo un aspetto laterale. Poi questa idea ha preso il sopravvento: ho capito che mi interessava troppo esplorare questa possibilità e ho fatto diventare lo sguardo degli appartamenti sugli uomini, le donne e gli animali che li abitano il centro del racconto. Un pretesto letterario che mi ha concesso la straordinaria libertà di narrare solo il peggio: l’umanità che descrivo non è sempre sbagliata; è il palazzo, il narratore, che ci tiene a mostrare solo certi momenti. E se il lettore accetta il patto iniziale – che un condominio possa avere voce e pensieri e sentimenti – allora tutto quello che gli verrà raccontato, sebbene sul filo dell’inverosimile, risulterà credibile.

Nel tuo romanzo hai affrontato con sorprendente maestria svariati mali oscuri dell’animo umano: dalla solitudine alla depressione, dall’abbandono alla depravazione… Che tipo di lavoro hai fatto per riuscire a rendere tutto così credibile? O meglio, tutto così incredibile da risultare così estremamente credibile.

Mi limito a vivere e osservare la vita con sguardo attento ai dettagli e una sensibilità che mi costringe a tenere gli occhi puntati su certi guasti dell’esistenza umana. E’ una forma di rispetto che sento per la vita, per cui mi interrogo costantemente sulle vie che ci portano a rovinarla, sprecarla vivendo senza rischiare nulla e senza sognare o, peggio ancora, a distruggerla. Quando poi tocco certi argomenti, facendoli incarnare a un personaggio specifico, mi sforzo semplicemente di rendere quel personaggio il più coerente possibile col messaggio che veicola. Ma non c’è uno studio o una tecnica particolare: lo descrivo come sento che sia giusto, in genere riprendendo le caratteristiche di qualche persona vera, viva, di cui ho registrato le anomalie.

(...)