Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Due libri, e una lezione di vita, di Goffredo Fofi

Autore: Davide Orecchio
Testata: Nazione Indiana
Data: 6 luglio 2022

«Goffredo Fofi (1937) è di quella storia un protagonista. Come ha spiegato efficacemente Massimo Onofri su Avvenire, il lungo percorso di questo intellettuale, prima educatore, poi tessitore seminale di gruppi, e critico letterario e cinematografico, si può sintetizzare in una scelta di vita comunitaria (francescana) dove il socialismo guarda all’anarchia e qualsivoglia proprietà è rifiutata con coerenza.

Protagonista, senz’altro. Ma, invece di mettersi al centro, in Cari agli dei Fofi fa un passo di lato e sceglie di raccontare i compagni di strada, le amiche e gli amici senza i quali la vita non avrebbe senso. Compone così un’autobiografia attraverso le vite degli altri. Le tante vite incontrate nel suo instancabile viaggiare e conoscere. Questo è certamente un aspetto di Cari agli dei, libro che potrebbe sembrare molto triste ma forse non lo è.

Perché triste? Perché Cari agli dei è un libro di lutti, una raccolta di ritratti di persone morte troppo presto, “prematuramente”. Morti che si sono consumate, spiega Fofi nell’introduzione, nel quadro della “sconfitta storica del socialismo”. Citando Aldo Capitini e rendendogli omaggio, Fofi parla di “compresenza dei morti e dei viventi” nelle nostre vite. E spiega: “i morti sono presenti, sono tra noi, e dovremmo tenerne ben conto noi vivi, angosciati dal dover muoverci dentro un presente preoccupante e avvilente”. Perché – prosegue Fofi – “non tutto è stato inutile nel mondo che abbiamo conosciuto, negli anni che abbiamo vissuto, in quel poco che siamo riusciti a fare dalla parte del giusto e del vero (…) e qualche risultato abbiamo ottenuto anche se fragile e di breve durata”.

Cari agli dei è una foto di gruppo di persone che continuano a vivere in Fofi. E forse – questo l’auspicio dell’autore – potrebbero vivere anche in altri. È quindi un repertorio di exempla e parla a chi viene dopo, ai viventi, e a chi tra di loro vorrà trarre ispirazione da queste vite di intellettuali militanti, educatori, psicologi, scrittrici, poeti, sindacalisti, sacerdoti… spesso operatori delle istituzioni vocati a cambiarle, le istituzioni, profondamente, radicalmente e da dentro. Figli e figlie di un’epoca “in movimento” e non individualista, e che credeva nelle trasformazioni collettive.

La raccolta ospita 26 ritratti più una nota autobiografica sull’Umbria natale del 1944. Preziose per me le pagine su Alexander Langer o Grazia Cherchi, su Marco Lombardo Radice o Maurizio Flores D’Arcais. E quelle dedicate all’unico caro agli dei che io abbia avuto la fortuna di conoscere, Alessandro Leogrande. Pagine piene di amore e rimpianto per un giovane e insostituibile compagno e collaboratore di Fofi: “perdendo Alessandro abbiamo perso una guida, ed è stato ben difficile, purtroppo, trovarne altre della sua statura nella generazione venuta dopo la sua, soprattutto nel campo dell’analisi politica, del giudizio politico, dell’intervento politico”».