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Altro che mare da cartolina, con "Mare mosso" riscopriamo la forza primordiale che inghiotte migranti, fa affondare navi e ci fa così paura

Autore: Pippo Russo
Testata: Mow
Data: 18 luglio 2022
URL: https://mowmag.com/culture/altro-mare-da-cartolina-con-mare-mosso-riscopriamo-la-forza-primordiale-che-inghiotte-migranti-fa-affondare-navi-e-ci-fa-cosi-paura

“Mare mosso” è il romanzo dello scrittore messinese Francesco Musolino (Edizioni e/o) che contiene una storia forte, dal ritmo incalzante, carica di suggestioni e con molti messaggi da leggere in filigrana. Il principale dei quali riguarda proprio il mare: che bisogna imparare a rispettare, unitamente agli uomini che lo solcano per mestiere e sanno quanto complicato sia scenderci a patti: “Da una parte è l'essenza della bellezza, l'invito all'avventura, l'avvenire. D'altra è lo stesso mare che inghiotte i migranti, che affonda le navi, che ci fa paura. Il mare non è, in questo libro, un contesto. È proprio il centro della scena”

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La storia raccontata da Francesco Musolino è ambientata negli Anni Ottanta. Per la precisione, fra la notte di Natale del 1981 e il mese di febbraio del 1982. Il suo protagonista è un uomo di mare palermitano, Si chiama Achille Vitale, ha 30 anni quando l'intera vicenda si dipana e per mestiere salva imbarcazioni e persone che si trovino in difficoltà nel mare aperto di Sardegna. La sua è un'esistenza dura, corrosa dal sale, resa essenziale dall'estremo pragmatismo che il mestiere impone ma anche dalle dure prove che la vita lo ha obbligato a affrontare. Alcune fra queste hanno inciso profondamente, costringendolo a rinunciare ai sogni e alle aspirazioni. Che nel suo caso significavano soprattutto la carriera da avviare dopo la conclusione del periodo di formazione in Accademia Navale. Un compimento che non avverrà mai per motivi che omettiamo per non fare spoiler. Per Achille giunge immediatamente un'altra possibilità, quella offerta da una ditta privata che si occupa di salvataggi e recuperi in alto mare. E in quel nuovo mestiere il protagonista trova un'altra dimensione professionale. Ma ciò avviene a scapito della dimensione sentimentale, poiché la storia con Brigitte, che sconta il trasferimento da Venezia a Cagliari ma soprattutto il passaggio da una vita centrata sulle proprie aspirazioni a un'altra curvata sui tempi e le esigenze professionali del partner, entra in crisi. Dunque per Achille Vitale anche la seconda vita è fatta di tormenti che scavano dentro tanto quanto la pelle viene indurita dal sale marino. E nel pieno di questo interminabile passaggio biografico di mutamento avviene il fatto che occupa l'intera scena del libro: il naufragio della nave Izmir, partita dalla Grecia ma totalmente fuori controllo nel mare sardo. Ufficialmente l'imbarcazione trasporta 600 tonnellate di pesce. Ma è davvero quello il carico più importante che si trova nella pancia della Izmir, nella notte della vigilia di Natale 1981? Ovvio che coi dettagli sulla storia ci si debba fermare qui, poiché il romanzo va letto. Dunque con Francesco Musolino parliamo di altro che non sia la stretta trama. Meglio andare a quel riferimento a fatti realmente accaduti.

«Può capitare che, agli scrittori, qualcuno abbia voglia di raccontare una storia. Nel mio caso è stato un lupo di mare, che una volta partecipò a un salvataggio in mare aperto. Quando ha cominciato a raccontarmi questa storia pazzesca, avvenuta nel mare di Sardegna fra il '75 e l'81, io sono stato lungamente a ascoltarlo, affascinato. Ma poi quella storia è rimasta nella mia testa per circa cinque anni, perché sul momento mi sono reso conto che non ero pronto a scriverla. Non avevo il lessico. Non ero mai stato nella pancia di una nave, non ero mai stato a bordo di un rimorchiatore, non ero mai stato in questa baia di Santa Caterina di Pittinuri [che bene viene descritta nel romanzo, ndr]. Mi ero reso conto immediatamente di avere fra le mani una storia. Una grande storia. Ma per scriverla dovevo mettermi in viaggio. È stata una storia forte, per questo non l'ho voluta portare in Sicilia, come mi sarebbe stato più comodo, e l'ho mantenuta in Sardegna. Perché avevo bisogno di osare, di cambiare scrittura».

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