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Le galline ovaiole non bastano a salire sul treno del boom

Autore: Piersandro Pallavicini
Testata: La Stampa - Tuttolibri
Data: 22 ottobre 2022

Gli anni del boom economico sono stati battutissimi dalla letteratura italiana dell'epoca: romanzi come Donnarumma all'assalto di Ottieri, Il maestro di Vigevano di Mastronardi, Memoriale di Volponi, La vita agra di Bianciardi, La bella di Lodi di Arbasino e tutta la pentalogia dei Segreti di Milano di Testori, sono i primi che vengono in mente, in una bibliografia in realtà molto più estesa e capillare. L'argomento sembrava esaurito, dove per argomento s'intendono l'alienazione, gli attriti, lo sgomento e i drammi (e la comicità, consapevole o meno) che quegli anni hanno suscitato in un'Italia che per lo più non è stata in grado di modellarsi con misura e dignità sulle nuove, impreviste forme del benessere e della ricchezza. Invece il romanzo di Sandro Baldoni (giornalista, pubblicitario e regista, qui all'esordio per una casa editrice major) usa un diverso punto di vista, quello della memoria, e regala ai lettori un'immersione integrale in quel periodo che vale la pena di essere gustata dall'inizio alla fine. A proposito di inizio, Occhi selvaggi ne ha uno tra i più scioccanti mai letti. Un gruppo di ragazzini masturba un cane randagio, mentre Marco, l'io narrante, che allora ha sei anni, li osserva sgomento, nascosto dietro un muretto. Rimarrà il primo ricordo della sua vita, e primo ricordo anche del trasferimento a Monteacuto, microscopico paesino arroccato sugli Appennini dell'Italia centrale. Incipit dunque memorabile, ma che rischia anche di essere fuorviante: il romanzo non è così. Non è un susseguirsi di traumi e pugni nello stomaco. I drammi non mancano, anzi, ma l'umorismo e l'ironia salvano Marco e la sua famiglia, mentre il tono, da composta commedia, protegge il lettore. (...) Tutto, anche il dramma peggiore, è vissuto con una capacità di intravederne il lato comico che sembra più innata che coltivata. Se questo romanzo voleva anche essere un ritratto di un'Italia che è stata e non c'è più, c'è riuscito, e l'ha fatto sottolineando una delle qualità che più si rimpiangono: quella specie di buonumore che mai si arrendeva.