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Cerco l'armonia tra tante identità

Autore: Alessia Rastelli
Testata: Corriere della Sera - La Lettura
Data: 4 dicembre 2022

È nato in Senegal; vive in Francia dove ha vinto il Goncourt; già nel nome ha una componente musulmana (Mohamed ) e una etnica africana (Mbougar ); si trova a casa tra i libri («La mia famiglia non biologica né nazionale»). Sarr è atteso a Roma: «Migrare è inevitabile, attraversare il Mediterraneo necessario»

«Sono innanzitutto un lettore, consapevole che ogni libro importante pubblicato nel passato influenzi quanto scriviamo oggi e che un autore nasca in primo luogo nella sua biblioteca. Al contempo appartengo alla mia epoca: mi rendo conto ogni giorno, guardando la mia vita e quanto accade fuori, che siamo in un mondo travagliato, complesso, e cerco di comprenderlo attraverso la letteratura».

Passato e presente, letterario e politico. Mohamed Mbougar Sarr, 32 anni, senegalese, ora in Francia, ha vinto l'anno scorso - primo autore dell'Africa subsahariana - il Premio Goncourt, il più prestigioso riconoscimento della francofonia. Se l'è aggiudicato con il suo quarto romanzo, La più recondita memoria degli uomini, un'opera che ne contiene molte altre e che da indagine incessante su un uomo diviene anche ricerca universale sul senso della scrittura e della vita.

Tutto ruota attorno alla figura fittizia di T.C. Elimane, autore senegalese che nel 1938 pubblica in Francia un libro sensazionale ma poi viene accusato di plagio e dimenticato. Sulle sue tracce si mette ottant'anni dopo Diégane, protagonista e narratore, scrittore lui stesso, in cerca di chi entrò in contatto con il misterioso predecessore. Un viaggio che tocca, oltre alla Francia e al Senegal, Amsterdam e Buenos Aires, il presente e gli anni del colonialismo, le due guerre mondiali e la Shoah, arrivando a coinvolgere nella trama figure come Ernesto Sábato e Witold Gombrowicz.

«Conosciamo tutti la drammatica situazione nel Mediterraneo che va avanti da tanti, troppi anni. Dunque è un'immagine forte, metafora di quello a cui stiamo assistendo. Ma è anche evocativa della forza di coloro che attraversano quelle acque, o semplicemente del desiderio che provano. Potrei poi aggiungere un'altra interpretazione, solo letteraria: leggere o scrivere è come essere in mezzo al mare, nella tempesta, cercando di trovare un approdo, e questo approdo a volte siamo noi stessi».

Ne «La più recondita memoria degli uomini» uno dei personaggi racconta di avere «appena sentito al telegiornale che trecento giovani senegalesi erano morti in mare cercando di raggiungere l'Europa a bordo di piroghe». E della migrazione lei aveva scritto anche nel suo secondo romanzo « Silence du chœur» ( 2017).

«Nel libro più recente ci sono quella scena e altri riferimenti simili, e c'è il tema, più generale, del rischiare la vita per cercare qualcosa. Mentre proprio sugli esseri umani che sfidano la morte sognando un'esistenza migliore, s'incentra Silence du chœur. Si parla di sbarchi e accoglienza ed è ambientato in Sicilia. Ci andai io stesso e vi rimasi alcune settimane prima di scrivere il romanzo, parlando con i giovani migranti arrivati lì. Venivamo a volte dallo stesso Paese, il Senegal, o comunque dallo stesso continente, l'Africa. Ovviamente il mio e il loro viaggio non sono paragonabili. Io arrivai in Francia per studiare, loro spesso erano scappati, erano stati più forti e coraggiosi. Però sentivamo tutti di avere intrapreso un viaggio necessario, perché la situazione di provenienza non concedeva scelta. Ognuno dovrebbe potere lasciare il proprio Paese se lo vuole, ma il diritto alla mobilità non è uguale per tutti».

Che cosa ha rappresentato per lei spostarsi?

«In Senegal ero un lettore, amavo le storie, i racconti, ma è in Francia che ho iniziato a scrivere. Ero solo e volevo tenere traccia di un'esperienza per certi versi paradossale: sentirmi straniero in una cultura che conoscevo già prima di venire, in cui mi ero formato nel mio Paese. Una volta arrivato ho anche iniziato a essere più consapevole del rapporto politico tra Francia e Senegal, tra l'Europa e le ex colonie. È servito trasferirmi per affrontarlo, capirlo meglio, scriverne».

(...)