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Il blues della solitudine nelle vie di Bordeaux

Autore: Guido Caldiron
Testata: Il Manifesto
Data: 10 gennaio 2023

Una Bordeaux livida, oppressa da una pioggia costante che rende tutto uniforme e ugualmente soffocante. È questo lo scenario nel quale le traiettorie di Jourdan, Louise e Christian finiscono per incrociarsi. Le loro vite scorrono nel segno di una solitudine che non di rado si trasforma in violenza, sempre in paura o minaccia. Eppure nulla sembrerebbe unirli visto che il primo è un comandante della polizia giudiziaria, la seconda una giovane donna che prova a rialzarsi dopo una serie di sconfitte e il terzo un individuo pronto a esplodere e a trasformarsi in uno strumento di morte. Con Attraversare la notte, un romanzo dalle atmosfere implacabili ma pronto a rivelare squarci di selvaggia umanità, Hervé Le Corre si conferma come uno dei protagonisti nel noir transalpino e una delle figure più significative del nuovo romanzo poliziesco europeo. Scritto durante la pandemia e con l'eco delle piazze dei Gilet Gialli, il libro arriva dopo L'ombra del fuoco un polar ambientato nei giorni della comune di Parigi.

Ancor prima che i loro destini si incrocino, Jourdan, Louise e Christian sembrano accomunati da una solitudine profonda, quasi fatale. Quanto pesa questa consapevolezza nelle loro scelte di vita e nello stesso meccanismo narrativo della storia?

Volevo evidenziare questa solitudine profonda degli individui, l'assenza di punti di riferimento collettivi, l'atomizzazione che domina le nostre società. In questo contesto, i protagonisti esprimono la violenza di cui sono responsabili o vittime: mostrano a partire da sé quella sorta di macerazione degli individui nel succo tossico che secerne la società capitalistica e mercantile. Ma non credo che prendano davvero coscienza della propria solitudine, almeno non nel senso di trarne conclusioni che consentano loro di combatterla o di dargli un senso. Considerano si tratti di uno stato di cose derivante dal deterioramento della loro situazione personale, e di fronte a tutto ciò si sentono impotenti. La solitudine dell'assassino, invece, è frutto del suo stesso stato mentale patologico.

La violenza che cova palpitante nelle pagine del romanzo non sembra avere nulla di «eccezionale», si mescola al quotidiano, alla vita ordinaria dei protagonisti. Forse proprio per questo risulta ancora più terribile, intollerabile?

Nella storia si muovono delle figure costantemente sotto pressione, ma che continuano nonostante tutto a fare ciò che devono: aiutare gli anziani, consegnare materiali da costruzione, svolgere indagini, venire a patti con al morte. E arriva un momento di rottura in cui la reazione violenta, il passaggio all'atto criminale è inevitabile. Sul piano letterario, romanzesco, scrivere della tensione, del disagio, della solitudine è molto più interessante perché poi consente di tuffarsi in profondità, nei baratri con cui nella vita reale non si ha l'opportunità di confrontarsi. E la sfida è trovare le parole, i ritmi, la poetica per avvicinarsi il più possibile alla vertigine che si sta cercando di esprimere.

Nel personaggio di Jourdan, il poliziotto, sembra prendere corpo quella sorta di «blues dei flic» che spesso emerge dalle cronache francesi, ma che nasconde anche il contesto che rende possibili «le bavures»: gli eccessi nell'uso della forza, spesso dalle gravi conseguenze. Come ha costruito questa figura e in che misura le interessa il malessere degli agenti che ha spesso un volto contraddittorio?

La figura del poliziotto depresso è quasi un cliché del noir. Volevo indagarla un po' e vedere cosa ne usciva. Cosa ero in grado di farne. Sapendo che nella realtà questi poliziotti stanchi e usurati esistono e sono una sorta di specchio deformante (e deformato) di ciò che la società è capace di produrre di peggio e che loro non sono più in grado di affrontare. Ma non sono loro che commettono «le bavures». La violenza poliziesca in Francia è commessa da poliziotti perfettamente a loro agio nel proprio ruolo, che si assumono le responsabilità dei propri atti, difesi incondizionatamente dai sindacati di polizia maggioritari, potenti, di estrema destra, che dettano la loro legge al ministro e che attaccano regolarmente la giustizia. Nella polizia francese è in atto una vera fascistizzazione (quasi i settanta per cento degli agenti vota Le Pen): sono razzisti, violenti e disprezzano lo stato di diritto. Però, per tornare a Jourdan, mi sono rifiutato di inserirlo in questa categoria. In una scena affronta un commissario di estrema destra, in un'altra disprezza i gruppi che vanno a reprimere i Gilet Gialli in strada. Volevo riportare Jourdan all'intimità della sua malinconia, del suo disgusto, della sua solitudine, dell'amore ormai impossibile che prova per sua moglie. È così che ho cercato di liberarmi del cliché di cui ho parlato. (...)