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Un popolo deportato nel destino delle Chagos

Autore: Adriano Favole
Testata: Corriere della Sera
Data: 15 gennaio 2023

«Tutto ciò che ha un nome esiste. Uomini, piante, paesi, leggende. Il nome è sempre il germoglio di un destino». È dedicato alle Chagos e al suo popolo deportato a forza e contro le leggi internazionali l'ultimo romanzo di Caroline Laurent, scrittrice franco-mauriziana, Le rive della collera. Le isole Chagos, chi sa dove si trovano? Eppure emergono di qualche metro sulla superficie del mare a qualche centinaio di chilometri appena più a sud delle Maldive, Oceano Indiano. Tutti conoscono le Maldive e le associano a vacanze, spiagge, palme, coralli e lagune. Le Chagos no. Chagos è un nome portoghese: Cinco Chagas vuol dire «cinque piaghe», un riferimento alle cinque ferite di Cristo in croce. Era il nome di un'imbarcazione portoghese che nel XVI secolo battezzò così le centinaia di piccole isole che formano questi atolli paradisiaci. (...)

Il romanzo è costruito su finestre temporali che si alternano abilmente. La vita di Marie a Chagos , la sua deportazione a Mauritius, l'attesa di Gabriel che lascerà per ultimo Diego Garcia e avrà il tempo di vedere lo scheletro della capra di Marie, ancora lì a fianco della casa. Un romanzo d'attesa e di sospensione, in cui i dettagli della vita quotidiana lasciano apparire la mostruosità degli «interessi superiori», delle «inevitabili strategie militari». Quando il potere schiaccia e annulla le vite concrete delle persone, ha già fallito nel suo folle tentativo di controllare il mondo. L'atollo delle origini lasciato alle spalle per un bidonville di Mauritius, la dignità di una lavoratrice del cocco che si discioglie in una povera immigrata «molto nera» che chiede la carità col figlio davanti al cimitero della città. Ci vorrà tempo. Occorrerà spiegare, raccontare, non perdere la memoria. Tenere traccia della spazzatura che la «civiltà» europea nasconde Oltremare. Attendere la generazione futura e le richieste di riconoscimento che oggi si avvertono dai popoli indigeni dei quattro angoli del pianeta. Nel 2019 l'Onu ha intimato al regno Unito di «cedere» la Chagos al governo di Mauritius entro sei mesi, in modo che i 350 nativi delle isole e i loro numerosi discendenti possano ritornare sulle isole. Richiesta disattesa. Nel marzo 2022, per la prima volta, una decina di chagossiani è tornata sulle isole senza scorte militari. La chiesa è ancora là. Le tombe pure, protette da una vegetazione lussureggiante. Le dinamiche postcoloniali sono sempre complicate. A chi verranno riassegnate le terre? Di chi fu in ultima analisi la responsabilità? Degli Usa che costruirono la base militare, dei britannici che cedettero le terre, del governo di Mauritius che tradì le Chagos? E poi, come alcuni insinuano in ogni occasione in cui, abbattendo un monumento o chiedendo la restituzione di un oggetto da museo, un popolo indigeno rialza la testa, non sarà solo questione di «politicamente corretto»? Ma non erano stati rimborsati per il loro esilio? I chagossiani fanno ritorno, nonostante tutto. Molto cemento è stato riversato sulle isole, ma una fitta popolazione di non umani o quasi umani (piante, coralli, pesci, polpi e crostacei di cui nutrirsi) non se n'è mai andata. La memoria di Marie, di sua sorella Josette, di Joséphin e di Félix, il domestico del governatore, aleggiano nell'aria, più tenaci dei bombardieri B-2 e B-5. A lungo trattati come «confetti» esotici degli imperi, gli Oltremare europei, dai Caraibi all'Oceano Indiano, dall'Oceani alla Groenlandia hanno molte storie da racconatare che ci riguardano molto da vicino.