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Il fantasma di Bahar siede a tavola per la colazione

Autore: Francesca Paci
Testata: La Stampa - Tuttolibri
Data: 4 marzo 2023

La famiglia di Bahar si porta dentro un dolore antico, molto più profondo del fatto che la stessa Bahar sia morta diversi anni prima di quando la incontriamo, voce e spirito narrante del prezioso romanzo di Shokoofeh Azar, L'illuminazione del susino selvatico . La famiglia di Bahar vive nel remoto villaggio di Razan dove si è trasferita dopo che la rivoluzione khomeinista del 1979 ha bruciato con il passato del Paese anche la casa dove dormiva la bambina Bahar, arsa nel sonno mentre i genitori, il fratello e la sorella sopravvivevano a stento al nuovo corso da cui, prima ancora di digerirne la delusione, erano già lontani. La famiglia protegge così, tra le nuove pareti domestiche, quella libertà che il regime annichilisce. Una storia minuscola che è storia grande, nazionale, di tutti. Il dolore però, per quanto esorcizzato, è sempre lì, a colazione, a pranzo, a cena: viene da lontano, da uno spirito indomito che lega mamma Roza e babbo Hushang a tradizioni antiche, vecchie leggende, riti zoroastriani, un patrimonio culturale che la teocrazia islamica ha bandito dal Paese reale. Sul liminare tra reale e trascendente, il fantasma di Bahar accompagna la famiglia come a proteggerne l'autenticità, come se i mullah potessero veramente non arrivare tra i boschi popolati di spiriti buoni dove Roza non indossa il velo e Hushang legge i libri proibiti. Invece i mullah arrivano. Arrivano e portano via il fratello Sohrab per rinchiuderlo nel famigerato carcere di Evin, quello che in queste ore sigilla tra mura invalicabili le grida esiziali dei rivoluzionari di Mahsa Amini. Sohrab, piegato nell'anima, resterà presente ancorché assente, un fantasma come Bahar, il secondo. E poi c'è Beeta, la sorella innamorata della danza, cresciuta con la nostalgia di quella scuola di ballo dalle cui finestre aveva sentito urlare «morte allo scià» pochi minuti prima che la folla facesse irruzione e distruggesse la compagnia accusata di «oscenità», l'insegnante, la vita delle ragazze. Beeta non scappa davvero ma cerca una dimensione altra e la trova, allontanandosi dolcemente, liquida, dalla memoria e dalla storia. Ci sono ancora, testimoni del dolore senza fine, i due vecchi genitori e anche loro, ciascuno a suo modo, scivolano via, tra la follia che salva dal presente e la consapevolezza quasi giornalistica di quanto accade. Sullo sfondo, fantasmi come gli altri, scorrono gli avvenimenti miliari degli ultimi cinquant'anni. La rabbia contro il regime iniquo dei Pahlavi, la speranza presto infranta nella rivoluzione khomeinista, le purghe, la polizia morale, la guerra sanguinaria tra Iran e Iraq punteggiata di martiri bambini, la finestra aperta dalla stagione del riformismo e le proteste, anno dopo anno, fino all'Onda Verde del 2009 seguita alla rielezione truffa dell'allora presidente Ahmadinejad. Shokoofeh Azar racconta con una lingua ricca e mai spigolosa la storia della famiglia di Bahar, portando dal livello subliminale a quello della coscienza il patrimonio di un popolo il cui dolore antico sta nella sua capacità di resistere al giogo di Dio contrapponendogli la divinità dell'uomo. Sembra una lettura difficile ma è semplice, sembra un romanzo magico ma svela tra le righe il presente dell'Iran, la rivoluzione delle donne che si tolgono il velo e guardano avanti. Sembra dolore ma è letteratura.