Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Nathan Devers "La mia generazione tra realtà e metaverso difenderemo la democrazia e l'Europa"

Autore: Francesco Rigatelli
Testata: La Stampa
Data: 29 maggio 2023

Il metaverso, l'intelligenza artificiale, i social network, la politica e la filosofia. Di questo si può parlare con Nathan Devers, 26 anni, filosofo nascente del dibattito pubblico francese e animaletto da talk show sulle orme del suo maestro Bernard-Henry Lévy. Di libri ne ha già scritti quattro e l'editore E/O ha da poco tradotto il primo in Italia, L'antimondo, un romanzo sulle possibilità e i rischi della realtà virtuale. «Non sono un profeta - racconta -, ma penso che il metaverso sia un progetto concepito da Mark Zuckerberg per uscire dall'angolo della sua perdita di credibilità. È un'idea che si adatta ai nostri tempi e che si propone di cambiare la vita attuale attraverso la proposta di un secondo mondo con dei fini commerciali. In dieci o vent'anni è possibile che diventi realtà». Devers riflette anche sui rischi dell'intelligenza artificiale: «Alla fine la domanda è se la macchina sostituirà mai l'uomo. L'aspetto interessante di questo dibattito è che all'inizio non si trattava di un progetto tecnologico, ma filosofico. Oggi invece manca quell'aspetto e si pensa che l'intelligenza artificiale sia il pensiero umano, quando non è così. Pensiamo a Chat Gpt: non è in grado di scrivere una pagina di ragionamento filosofico. La verità è che l'intelligenza artificiale imita ciò che è artificiale in noi mentre fatica ad essere umana». I ragazzi della sua generazione intanto vivono immersi nei social network e da tempo ci si chiede se si stuferanno e se proprio il metaverso e l'intelligenza artificiale potranno costituire quel nuovo mondo digitale che si aspetta. «I social - ricorda Devers - sono stati creati per collegare le persone e massimizzare i contatti. In certi casi sono molto utili, per esempio se si vive lontano dai propri affetti, ma la mia generazione sta capendo che a volte si rivelano controproducenti, perché invece di prossimità portano lontananza. Spesso costringono nel proprio particolare favorendo l'individualismo e moltiplicando una serie di realtà parallele che non comunicano». Nonostante questo per il filosofo «non ha senso chiudere internet o i social network. Bisogna invece riconsiderare l'equilibrio tra vita reale e virtuale, e il mio libro si propone proprio questo. Michel Foucault diceva che non possiamo essere interamente liberi, ma dobbiamo cercare di non essere del tutto prigionieri. Questo vale anche sui social». (...)