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Lenu e Lila: chi delle due è l'amica geniale?

Autore: Maria Serena Palieri
Testata: L'Unità
Data: 10 ottobre 2011

Una madre scomparsa e una lingua italiana usata come una diga contro il fiume fangoso e irruente del dialetto, come nell'Amore molesto; una città, Torino, che rappresenta la Civiltà contro la Natura, come Bologna nell'Amore molesto e lo stesso capoluogo piemontese nei Giorni dell'abbandono: fin dal primo capitolo dell'Amica geniale, il nuovo libro di Elena Ferrante (in libreria per e/o dal 26 ottobre, pp. 327, euro 19,50) ecco tornare i topoi dell'enigmatica scrittrice. L'amica geniale è il primo capitolo di una trilogia che intende raccontare, attraverso la relazione tra due amiche, Lenù e Lila, nate nel 1944 in un rione popolare di Napoli, un pezzo di storia del nostro Paese. Chi è l'amica geniale del titolo? Secondo Lila è Elena Greco, detta appunto Lenù, unica femmina del quartiere a frequentare le scuole medie, poi il ginnasio e ad arrivare in prima liceo classico con la media del dieci. Ma il loro è un rapporto simbiotico: se una s'imbellisce l'altra si imbruttisce, se una è felice l'altra è triste, e quindi ci è lecito pensare che geniale sia anche, o invece, Raffaella Cerullo detta Lina, Lila da Lenù. Lila sapeva già leggere a tre anni ma si è poi fermata in quinta elementare, è stata una ragazzina troppo magra e «cattiva», pervasa da una mente indomabile che l'ha portata a imparare da sola inglese, latino, greco, poi, figlia di un calzolaio, a inventare scarpe mai viste prima, e a diventare, ormai a sedici anni esplosa in una bellezza tutta sua, la Jacqueline Kennedy del quartiere, pronta a sposarsi con Stefano, l'agiato salumiere. Chi ha in mano la formula migliore per sopravvivere al peso del quartiere in cui hanno visto la luce? L'amica geniale comincia con le due bambine di cinque-sei anni con una bambola sotto braccio, Tina di celluloide per la meno derelitta Lenù, figlia di usciere comunale, e Nu, pupa di stoppa, per Lila. Con un dispetto che le bambine si fanno le bambole finiscono nel pauroso «sotto», cantine o fogne sottostanti il palazzo, male due vanno a cercarle nell'altrettanto misterioso «sopra», l'ultimo piano in cui vive don Achille, l'arricchito profittatore di guerra che le avrebbe rubate con la «borsa nera» che, senza intenderne il vero significato, loro hanno sentito maledire dai loro genitori. Il sotto e il sopra sono tutto il non detto che soffoca la vita da formicaio del rione: lì si lotta per sopravvivere, perciò all'alba della nuova Italia -non ci si prende il lusso di discernere chi era fascista, chi comunista, chi è stato borsaro nero e chi è camorrista. Lì una mattina qualunque don Achille finisce ammazzato con una coltellata da una mano misteriosa. Lì qualche settimana dopo viene arrestato il falegname, Alfredo Peluso, che grazie ai maneggi del borsanerista e usuraio aveva perso bottega e lavoro. Ma lì stesso, pochi anni dopo, i figli dell'assassino e i figli della vittima festeggeranno insieme capodanni e matrimoni. Lì aleggia un'aria da incesto, col padre di famiglia che scrive poesie e articoli per il giornale di Lauro e che mette le mani addosso alle ragazzine. Lì allo svoltare degli anni Cinquanta si respirano avvisaglie di boom economico, il banco da salumiere diventa una drogheria di pregio e lo scarparo cerca di diventare calzaturiere. Lì i ragazzi che continuano a studiare oltre la quinta elementare sono eccezioni e per farcela devono pagare prezzi durissimi. Lì, cupola che chiude e sovrasta il tutto, gradassi e vistosamente eleganti i fratelli Solara, camorristi, dominano il rione. L'amica geniale è un trattato di sociologia su un quartiere napoletano che potrebbe essere il Rione Sanità. Esaurito, col meno convincente capitolo della Figlia oscura, il filone della scrittura asciutta e corrosiva dei primi romanzi, Elena Ferrante (chiunque si celi dietro questo nome) si prende l'agio di una narrazione ampia e popolata di una varietà di personaggi. È un tipo di scrittura il cui esito -in termini di forza narrativa -potremo valutare solo a trilogia conclusa. Ferrante non rinuncia, però, al suo tratto più particolare: quel sentimento della vita come fermento ingovernabile, come male da destreggiare, qui rappresentato nella smarginatura di cui in segreto dall'adolescenza soffre Lila. Cos'è la smarginatura? Un senso di esserci e non esserci, forse la sensazione che, in quel rione, vivere con tutte se stesse significa soffrire un male troppo grande. L'amica geniale comincia con la scomparsa, intorno ai sessant'anni, di Lila, inabissatasi chissà dove senza lasciare dietro di sé niente, né un vestito né una fotografia. Con la sua corsa a ritroso finisce con una Lila sedicenne in abito da sposa che fissa inorridita un paio di scarpe che scintillano su un paio di piedi che non sono quelli giusti. È un finale tronco: «Cosa mi sta per succedere, Lenù?» aveva chiesto all'amica, l'altra parte di sé, prima di entrare in chiesa. Per saperlo dobbiamo aspettare, pazienti, il seguito della saga.