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I libri del mese

Testata: Rivista Studio
Data: 1 maggio 2024

Consiglio di iniziare questo libro, non brevissimo, all’inizio di un weekend o quando sapete di avere qualche giorno libero, perché credo sia impossibile leggerlo in modo equilibrato senza sprofondare nel binge-reading. Parla di una coppia di giovani fidanzati, Leo e Simon, entrambi creativi (lei aspirante sceneggiatrice, lui graphic designer di una delle agenzie di comunicazione più cool di Bruxelles), che si sono messi insieme all’università e convivono già da dieci anni. Sono entrambi un po’ stranini, ma è normale: hanno dovuto superare tutti e due un grosso lutto. La madre di Leo è morta in un incidente quando lei era adolescente, quella di Simon muore di cancro mentre lui è all’università, poco dopo che i due si sono conosciuti (il loro primo appuntamento ufficiale è il suo funerale). Tolti i rispettivi padri, assenti o inutili, sia Leo che Simon non hanno una famiglia. E quindi, questo loro amore, che vivono un po’ ossessivamente, è l’unico posto in cui trovano conforto e sicurezza. Fino a che qualcosa cambia, e Simon inizia a comportarsi in modo sempre più strano. Comportamenti che Lize Spit (36 anni, pochi di più dei suoi protagonisti), descrive alla perfezione: non mi ha stupito leggere in un’intervista che anche lei ha convissuto per 12 anni con una persona che soffriva di fasi maniacali e crisi psicotiche. In questo senso, per la sua capacità di tenerti attaccato e di generare uno stato d’ansia perenne, si potrebbe dire che Non ci sono di Lize Spit è la versione libro della serie Netflix Baby Reindeer. Ma l’angoscia che riescono a provocare nel lettore e nello spettatore – quella che provi guardando un horror, o un thriller – non è l’unica cosa in comune che hanno queste due storie. Come scrivevo qui, Baby Reindeer si distingue per la delicatezza e la precisione con cui descrive la malattia mentale: Non ci sono fa esattamente lo stesso, anche meglio (perché si spinge più in là, raccontando anche il dramma del ricovero in clinica psichiatrica e degli psicofarmaci). Proprio come la serie, il libro riesce a restituire perfettamente l’ambiguità e l’ambivalenza del rapporto che si sviluppa tra due persone quando c’è di mezzo la malattia. Anche qui c’è qualcuno che, si evince molto presto, ha un grave problema mentale, ma c’è anche qualcuno che gestisce quel problema nel modo peggiore possibile, proprio come spesso, purtroppo, succede nella realtà. Recupererò senz’altro anche il primo romanzo della scrittrice belga (Si scioglie, uscito nel 2017, sempre con e/o), assicurandomi di poter leggere per tutto il giorno.