«Guerra è sempre», sentenziava - "memorabilmente" - il greco Mordo Nahum della Tregua di Primo Levi, e l'eco della sua voce sembra risuonare come un basso continuo nel recente Disertare , e forse nell'opera tutta di Mathias Enard. Fin da La perfezione del tiro (scritto nel 2003 ma tradotto in italiano solo nel 2018) Enard ha infatti eletto uno spazio, il "mediterraneo-mondo" di Braudel - da Venzia al Medio Oriente, da Barcellona ai Balcani e fino all'Africa settentrionale -, e un tema - quello dell'incontro-scontro tra civiltà diverse - come suoi campi di indagine privilegiati, come ossessioni da richiamare e forse esorcizzare attraverso la scrittura. Come già nel primo romanzo, anche in Disertare Enard trasporta il lettore in una guerra non precisata che è in realtà emblema della violenza che percorre la storia tutta, condizione ineliminabile dell'uomo - animale ferito, spaventato e feroce - nel tempo. Sì: «guerra è sempre». (...) Disertare è però un libro riuscito e importante, che scuote e fa riflettere, non solo per la consueta raffinata erudizione di Enard, ma per la sua necessità morale.