Ho sempre amato osservare i gruppi, le dinamiche con cui si organizzano», racconta Annika Norlin. «Ho suonato in diverse band, ma ho anche fatto la giornalista in redazione, e c'era sempre il leader naturale, che tutti seguivano, che sul van stabiliva "ok, fermiamoci a pranzo", o se non veniva in ufficio se ne accorgevano tutti. Il leader carismatico, non conta che dica cose giuste o sbagliate, sarà ascoltato». Norlin esordisce con La colonia (e/o edizioni), una storia tra The White Lotus, visto che il libro diventerà serie tv, e lontanissimi echi inquietanti di Charles Manson, per dire che «a volte il gradino che separa una folla dall'altra, Gandhi o l'ecofascista finlandese Pentti Linkola, non è così alto». Eppure le persone nel mondo sono in cerca di leader come mai, e non va benissimo. La protagonista ha un burnout , crisi da prestazione, paralizzata, cerca una fuga, rifugio. «Solo a fine libro mi sono accorta che era una critica sociale ai ritmi di vita assurdi. Anch'io come la protagonista ero diventata la "tiranna di me stessa": non so voi, ma qui in Svezia l'idea è che tutti lavorino costantemente, il paradosso è che lo fanno con l'idea di rallentare più tardi, quando avranno più soldi e tempo, che è bizzarro». Succede anche a chi ha carriere creative e fa quello che ama. «Da musicista che sognava un certo successo, ti accorgi che quando arriva non è pazzesco come te lo eri immaginato, passi il tempo a pianificare e ti allontani dalla parte di te che amava scrivere e registrare. Ti chiedi perché tutti si fanno il culo lavorando tanto, sperano forse di tornare al punto di partenza, quando avevi tutto il tempo per fare quello che amavi perché non era un lavoro?». (...)