Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Intervista all'esordiente di Settanta acrilico, trenta lana

Autore: Claudia Spadoni
Testata: Marie Claire
Data: 20 gennaio 2011

Non l'avessero già usato per la promozione di un altro chiacchierato esordio dell'anno scorso, si potrebbe dire che Settanta acrilico, trenta lana di Viola Di Grado (Edizioni e/o, pp. 208, 16 euro, esce il 19 gennaio) è un romanzo "potente". Che ti fa venir voglia di abbracciare la protagonista, la ventenne Camelia da Leeds, un padre morto in un incidente stradale con l'amante e una madre che sa solo fotografare buchi e (non) parlare con gli sguardi; e dirle che sì, questa non sarà «una storia d'amore, anche se vorrebbe tanto esserlo, darebbe dieci paragrafi per esserlo», ma va bene così, va bene trucidare i vestiti, vomitare parole per strada, violentare il silenzio di Wen, il ragazzo orientalecon l'ex fidanzata morta e il fratello strano, che poi la chiave di tutta la storia, come fosse un ideogramma cinese appena inventato, alla fine in qualche modo si trova. E che questa non è una storia con «le farfalle che volano», si capisce (ancora meglio) nelle ultime spiazzanti pagine.

La "nota sull'autrice" in fondo al libro racconta poco di Viola di Grado, che «ha 23 anni, è nata a Catania, si è laureata in Lingue Orientali a Torino e studia a Londra». Così le abbiamo girato qualche domanda.

Perché hai scelto di ambientare il romanzo proprio a Leeds?
Perché Leeds non è una città qualsiasi, è un palcoscenico ambiguo, magico, pieno di gente di tutto il mondo che per strada si traveste, beve, vomita e canta. Era una tentazione irresistibile trasformarla in un buco che ingoia tutte le parole, renderla apocalittica.

Camelia è un alter ego di Viola?
No, io sono diversa da Camelia. Sia come persona che nelle esperienze. Ho scelto questo nome perchè Camelia trucida i fiori con un coltello, io/Viola faccio del male a Camelia assegnandole una vita tragica, e Lily (giglio) è morta (ma non posso dirvi come). È un gioco perfido di fiori che fanno del male ad altri fiori.

Ti senti più "dark come Amélie Nothomb" o "provocante come Elena Ferrante", come dice la quartadi copertina?
«Giocosa come Amélie Nothomb».

Scrivi la tua autobiografia in max venti parole.
Scrivo da quando avevo 5 anni, suono il flauto traverso, raccolgo da terra oggetti perduti per farci delle collane.

Alla cerimonia di premiazione di un importante premio letterario, un signore di mezza età prega la regia di inquadrare il tuo décolleté. Che fai?
Non saprei, perche' probabilmente avrei indossato uno dei miei vestitini accollati di pizzo da bambina d'altri tempi, non mostro mai il décolleté.

Il posto più strano dove ti è venuta l'ispirazione?
In un sobborgo di Kyoto, su un treno speciale in cui a ogni fermata saliva qualcuno travestito da fantasma, mentre mangiavo spiedini di carne cruda.

Il libro che ti ha cambiato la vita?
Mrs Dalloway.

C'è stato un momento in cui ti sei detta "sono una scrittrice"?
Sì, a cinque anni, quando ho scritto il mio primo racconto.

Libro o ebook?
Libro con le pagine macchiate di fragole: mi è successo con dei racconti di Miranda July, e sono estasiata dal risultato.

Scrittori di riferimento?
Lewis Carroll e le cortigiane giapponesi dell’anno mille.

Cosa c'è nel tuo armadio?
Vestiti da bambola, collane fatte di giocattoli, pizzi vittoriani, cinture di proiettili e di macchinine di plastica, parrucca nera fino ai piedi, ah e i miei diari, sono anche loro lì, nascosti tra i vestiti.

Ti senti più tipa da Zara, Topshop, Primark o cos'altro?
Da festa di Halloween.

Il film islandese di cui parli nel libro esiste davvero?
Sì (ma non ci dice il titolo, ndr)

Hai dedicato il tuo libro a qualcuno?
In particolare, a qualcun’altro: "To someone Else", ma c'è un trucco.