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Settanta acrilico trenta lana

Autore: Alessandra Di Pietro
Testata: Il Foglio
Data: 25 febbraio 2011

A Leeds ogni inverno gareggia con il precedente per essere il più freddo e "nessuno è abbastanza vecchio da aver visto che cosa c'era prima". Nessuno, tantomeno Camelia che nella città è stata portata dai genitori senza mai capire la prima ragione della sua sorte. Ha vent'anni, è italiana, ha il naso grande e gli anfibi sempre sporchi. Il padre è stato un giornalista spaccone ed è morto schiantandosi in macchina con l'amante. La madre, raffinata musicista, porta il lutto nel mutismo e nell'ossessione di fotografare i buchi: sui l muri, per terra, sui mobili, anche i più minuscoli sono ingranditi con l'obiettivo, a fissare su pellicola il baratro della perdita: "Pensai a tutto lo spreco che quella donna accumulava, allo spreco del corpo, del cervello, dei giorni, dell'esistenza, e sapevo che in lei doveva per forza esserci un certo compiacimento, anche nel rendermi parte di quello spreco". Tra le due c'è sempre stato un rapporto simbiotico ma adesso le parole sono sparite e il nutrimento della lingua madre è stato surrogato da sguardi con i quali è possibile dirsi tutto, modulando la stizza, i rimproveri, gli insulti e molto poco la gioia, perché non c'è un motivo per sorridere. Camelia è un'anima in pena rivestita di abiti senza verso. Vestiti trovati nella spazzatura, sempre nello stesso cassonetto. Sbagliati, sghembi, irrisolti, per lei perfetti: "Sfoggiavo per le strade quelle irregolarità oscene, quelle maniche sul sedere, quei bottoni sotto le ascelle ... mi facevano sentir perfettamente a mio agio ... tanto me ne andavo solo al supermercato o a ghigliottinare fiori al cimitero". Su questi scomposti cumuli di stoffa dalla misteriosa provenienza sfoga una quota aggiuntiva di furore: "Continuai per ore con sfrenato godimento a squarciare pantaloni, mutilare tasche, scambiare bottoni, innestare brutti colletti su altri vestiti ancora più brutti. Finché la bruttezza si fece folgorante". Camelia passa la giornata a tradurre manuali di istruzioni per lavatrici, ma le nozioni tecniche servono a tirar su una manciata di sterline. Non rimettono in moto l'anima e non impegnano abbastanza la mente per impedire di chiamare a raccolta nuovi tormenti: "Chissà se anche mio padre e quella n dormivano abbracciati. Certo che sì. Sicuramente facevano quelle cose che fanno gli amanti, tipo la doccia insieme. Vedo i movimenti dei loro corpi sotto l'acqua. Stringo i pugni. Stropiccio la traduzione. Stanno scopando sotto l'acqua. Durante il lavaggio l'oblò tende a scaldarsi". Un giorno, nei suoi piccoli giri di quartiere, Camelia incontra Wen che per gioco comincia a insegnarle il cinese .. Quegli ideogrammi complessi e così belli da poter essere disegnati sulla pelle, le rimettono un po' di amore nel cuore, (''gli riscrissi desiderio sul polso, e poi di nuovo un po' più su, e così via, continuavo a desiderargli furiosamente sul braccio"). Wen però nasconde un mistero. Ha perduto un pezzo di sé in una tragica storia di amore e Camelia dovrà cercare qtJel che manca al ragazzo nel fratello di lui, la partita che appariva semplice si complica e diventa doppia. La primavera porterà le onde sui capelli di Camelia e un po' di sole sui suoi pazzi abiti. Nello stesso tempo la madre scioglierà il lutto buttando nel cassonetto "i vestiti di mio padre, c'erano tutte le magliette dei Beatles e sembravano messe nell'ordine di grandezza dei loro buchi". Il finale è teso e spiazzante poiché capovolge la prospettiva della narrazione e libera l'urlo rimasto sottotraccia fin dalla prima riga. Viola di Grado ha 23 anni, è nata a Catania, ha studiato a Torino, vive a Londra ed è una ragazza di talento. Questo libro lo ha scritto a vent'anni e poi lo ha cucito, allungato, tagliato fino a farne un romanzo estroso e dotato di stile, reso ancora più interessante da alcune ingenuità.