Questo non è solo un libro. Questo è anche un film. E non è solo un film. Questo è un film cinese. Come solo i cinesi sanno oltrepassare alcuni limiti. Anzi è una coproduzione anglo-italo-cinese. Ed è un manualetto di invenzioni. E una fiaba crudele, un racconto sfrenato sulla depressione trasfigurata, sullo spavento, sui buchi, sulle ferite di ogni tipo, sulla fatica a farsi capire, sull'amore non corrisposto e sul non-amore.
Viola Di Grado, al suo esordio, potrebbe concorrere già per il premio Strega. Ed è stata paragonata ad Amélie Nothomb. Ma secondo me è qualcosa d'altro. Qualcosa d'altro rispetto a ciò che mi è capitato di leggere fino a ora. Qualcosa da approfondire. Il fatto che abbia poco più di ventanni si sente. Questo romanzo ha la potenza illimitata di una scrittrice giovane ma con tutti gli strumenti giusti, ben allineati di fronte a sé.
Ho intercettato qua e là qualche sua immagine, ma poi non ho voluto saperne niente sul "personaggio", perché non mi pare il caso, non è "un caso" secondo me questa autrice, nemmeno un caso editoriale. Vorrei invece che continuasse a scrivere distribuendo il suo indiscutibile talento anche sulla lunga distanza, e secondo me lo farà.
Pensavo agli strumenti giusti perché questo mi pare il libro di chi sa già precisamente come si scrive e non sbaglia mai. Non vorrei fare spoiler selvaggio, ma ad esempio l'idea delle chiavi cinesi che sono il controcanto di tutta la storia è semplicemente sublime, e personalmente ho dovuto interrompere più volte la lettura, perché è un'impresa da temerari.
Cerco sempre in tutti i libri che leggo, specie i romanzi (che dolce paradosso!) qualche insegnamento sulla vita. Su come si vive, o anche solo su come si sta al mondo e su come si scrive per essere dei veri scrittori. Voglio capirci ancora tanto, ne ho bisogno, più che mai, perché più credo di sapere meno so. In questo caso invece non ho imparato niente. Semmai ho disimparato per un istante tutte le ardimentose conquiste che sto facendo da trentenne e sono ritornata con un tuffo pericoloso all'indietro.
A certi stati d'animo violenti, a certi vuoti incolmabili, a un coraggio che mi mancava. Ma con gli occhi nuovi di questa scrittura perfetta e vulnerabile insieme. Un'immagine che mi ha colpita nel libro è quella a un certo punto di un cuore (non spoilero più, promesso). E questa storia assomiglia proprio a un cuore vero, potente, intonato ma anche contraddittorio e indifeso.
Nella microbiografia sul risvolto di copertina poi si legge che Viola ha studiato a Torino: sarà suggestione, ma un po' si sente: il grigio-Leeds, sotto cui capitano le cose in Settanta acrilico trenta lana (edizioni e/o), mi ricorda parecchio la mia grigia città, un film con le stesse atmosfere, benché meno immaginifiche, e certe cose che ho vissuto anche io.