Esce in questi giorni in libreria lultimo lavoro di Massimo Carlotto, La terra della mia anima (Edizioni e/o, 158 pagine, 15 euro). Una storia diversa da tutte le altre dellautore padovano, considerato una delle migliori firme del noir italiano. Il romanzo è la biografia in prima persona di Beniamino Rossini, un personaggio del mondo di Carlotto, inseparabile spalla dellAlligatore, il bislacco detective protagonista dei primi romanzi. Ma fuori dalle pagine, Beniamino, scomparso lo scorso 7 maggio in seguito a una malattia, era un amico di Carlotto.
Figlio di comunisti milanesi ultimo romantico del crimine. Contrabbandiere di sigarette, ma insieme militante del Pci, diventa un fuorilegge professionale, ma a suo modo onesto, testardamente fedele a un codice etico, irriducibile allavvento delle nuove mafie e dei boss dellera delle non-regole. La terra della mia anima - ovvero la montagna e il maniere, le frontiere dove Beniamino consuma i suoi traffici e i suoi ideali - finisce per essere la commovente autobiografia dellItalia criminale, il romanzo storico della malavita alle prese con le sue trasformazioni epocali, nello sfondo dellItalia degli anni 60 e 70, il paese delle conquiste sociali, di Togliatti e Berlinguer, ma anche delle stragi e delle connivenze.
La terra potrebbe essere il prologo alle storie ciniche e nerissime che Carlotto ha scritto negli ultimi anni ( Arrivederci amore, ciao, Loscura immensità della morte, Nordest). Accompagnando Rossini, il romanzo entra e esce dal carcere, laltro filo rosso della narrazione: un durissimo "mondo di dentro", che costringe Carlotto a "tornare su territori della mia memoria in cui non avevo voglia di tornare" (nel 93 a Carlotto fu concessa la grazia, dopo 8 anni di reclusione considerata unanimemente ingista). Il carcere è raccontato negli anni: le speranze riposte nella legge Gozzini (86), il suo affossamento, le rivolte, la normalizzazione a colpi di violenze sui detenuti, lisolamento, la violazione dei diritti fondamentali. In sostanza, lipocrisia, o al massimo il velleitarismo di qualsiasi proposito di riabilitazione.