Cè un filo musicale che accompagna
la vita di Beniamino Rossini. Bandiera rossa, prima di tutto, e i versi di
una canzone popolare polacca, che
parla di contrabbandieri e di confini.
Poi le canzoni di Ricky Gianco e il rock
italiano. Fino al tappeto sonoro dei night, che sono
la cornice dei suoi ultimi anni di vita. E se uno ha letto le avventure dellAlligatore, il detective eterodosso creato da Massimo Carlotto, non può non immaginare che sia il blues ad accompagnare la voce
di Beniamino Rossini mentre mette in ordine i suoi
ricordi accendendo una sigaretta dopo laltra.
Dei personaggi che accompagnano lAlligatore nei
cinque romanzi di Carlotto, Beniamino Rossini è il
più convincente. La sorpresa è stata grande, quindi,
quando con La terra della mia anima [edizioni e/o,
158 pagine, 15 euro] che arriva in libreria in questi
giorni, Massimo Carlotto ha rivelato che il Beniamino Rossini della letteratura ha avuto un fratello,
omonimo e quasi gemello, nella vita «reale». Lultimo romanzo di Carlotto è una biografia.
«È stato il romanzo più difficile - ci dice Carlotto
- Perché si è trattato di mettere in ordine i ricordi di
un altro. Mi sono sforzato di lasciar parlare Beniamino, nei suoi ricordi come nelle sue riflessioni sul
presente. Quando scrivevo di Rossini nellAlligatore era molto più semplice, era un personaggio che mi
serviva per raccontare la differenza tra la vecchia e
la nuova malavita. In questo caso, invece, nulla nasce da me. Mi sono trovato di fronte a materiale di
tuttaltro tipo: un bilancio sul presente oltre che sul
passato. I due Rossini, però, si assomigliano molto».
La vita di Beniamino Rossini è uno spaccato della
storia dItalia degli ultimi decenni, vissuta da irregolare: contrabbandiere, comunista, rapinatore
romantico, gangster, recluso e poi fuori, in unItalia,
e un Nord-est soprattutto, che nel frattempo hanno
subito una mutazione genetica.
«Allinizio ero molto perplesso - prosegue Carlotto
- Perché i ricordi di Beniamino mi costringevano a
esplorare zone della mia memoria che non avevo voglia di frequentare. Poi ho cercato di essere professionale. Il materiale che Beniamino mi ha offerto è
bellissimo, importante».
Rossini è la memoria storica di unItalia sotto la superficie. Ne era consapevole, o è stato il lavoro del-
lo scrittore che in un secondo momento ha fatto venire fuori questo aspetto?
No, non è merito dello scrittore. Beniamino ne era
consapevole e anche per questo motivo ha voluto che
raccogliessi i suoi racconti. Alla fine lui non aveva
più nulla a che vedere con il mondo della malavita,
che si era trasformato in modo profondo e definitivo. Lui se ne rendeva conto e ripeteva sempre una
frase: che le organizzazioni criminali di oggi si comportano come si comportavano le multinazionali del
tabacco negli anni sessanta. Hanno una visione del
mondo assolutamente spietata. A meno che non vogliamo continuare a credere che Provenzano sia il
modello mafioso dominante, dobbiamo capire che la
globalizzazione delleconomia ha determinato anche
la globalizzazione del crimine. Le organizzazioni criminali si comportano sempre di più come multinazionali.
Seguendo la storia dItalia attraverso i ricordi di
Rossini, cosa è venuto fuori?
Uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere questo romanzo è che questo paese ha una perdita di memoria, una specie di falla. La questione del contrabbando e poi delle rapine mi è servita anche per raccontare la sinistra, il passaggio al Partito comunista
e poi alla sinistra rivoluzionaria, fino al Settantasette. Sono riuscito a incasellare una serie di cose che
rischiavano di andare perdute. Per esempio rinominare Giorgio Napolitano, e ricordare qual è stato
il suo ruolo nel Pci, mentre veniva eletto presidente della repubblica: è interessante, no?
Sembra emergere, nel racconto, quasi una coincidenza temporale tra le trasformazioni della sinistra
e quelle della criminalità. Cè un nesso?
Il Sessantotto e la diversificazione della percezione
della politica nei quartieri operai e popolari hanno
portato anche alla formazione delle cosiddette
«batterie» di rapinatori che praticavano una sorta di
assalto alla ricchezza. Quando è iniziato il processo
di sconfitta ed è cambiato il tessuto sociale, ciò che
è venuto dopo è stato il peggio della società italiana.
Il riflusso della società italiana ha coinciso con la trasformazione della criminalità: quando è finita la politica dellopposizione forte, si sono imposti gli spacciatori prima, e poi altri tipi di criminalità che non
avevano a che fare né con quella precedente né con
il territorio. Poco dopo è partita la locomotiva del
Nordest, un modello economico vincente, che si basa sullo sfruttamento, sul lavoro nero, sullevasione sistematica del fisco. Leconomia si trasforma e
nasce la commistione tra leconomia legale e quella illegale. Lapparato illegale si innesta sul circuito
produttivo: fa fortuna e ne fa la fortuna. Mentre Beniamino precipita allinferno, nasce questo modello economico.
La storia di Beniamino sfida un altro luogo comune, perché si svolge quasi tutta al nord. Bisognerà
scrivere, prima o poi, una storia criminale del nord
dItalia?
In effetti ci vorrebbe. LItalia si è dimenticata lepoca
dei marsigliesi, che è stato il momento in cui la malavita del Nord è diventata malavita europea. Marsiglia, la Svizzera sono state il centro del riciclaggio
di denaro sporco, che non è mai stato riciclato al sud.
Cè poi la storia del rapporto di alcuni industriali del
Nord est con la guerra in Jugoslavia. Beniamino lo
racconta: dalla Croazia e per la Croazia poteva passare di tutto, perché i controlli erano inesistenti. Linsediamento a est degli industriali veneti e friulani,
fino ai distretti di oggi in Romania, è iniziato allora,
quando mafie dellest e industriali del Nord est si sono conosciuti e hanno cominciato a fare affari.
Ogni passaggio politico ed economico di questo
paese ha coinciso con una trasformazione della criminalità, che ha trovato nuovi modi di delinquere e
di fare profitti. Ma questo legame è un nesso che non
è stato mai indagato.
Il racconto di Beniamino tocca il tema del carcere.
La memoria italiana è corta anche in questo caso?
Abbiamo discusso a lungo prima di scrivere queste
parti, perché non avevo molta voglia di ricordare.
Beniamino mi ha convinto proprio con largomento
della memoria. Diceva, a ragione, che si è perso il ricordo delle rivolte, di quello che erano le prigioni e
di come le condizioni di vita siano un po migliorate non per lilluminazione o la bontà di qualche politico, ma per le lotte fatte - e pagate - allinterno delle prigioni. Le lotte sono state furibonde e la pacificazione delle carceri è stata ottenuta a prezzo di
enormi e gravissime violazioni dei diritti. Molti di
quelli che hanno letto le bozze sono rimasti sconvolti
quando sono arrivati al capitolo del carcere. E questo mi ha convinto del tutto che Beniamino aveva ragione. Anche su questo.
Ha avuto un enorme coraggio ad aprirsi così. Per
esempio quando racconta dellamore con Dalila, la
transessuale, è una rottura forte per lambiente criminale da cui veniva, così come quando mette i mafiosi allultimo gradino della scala delle bassezze carcerarie. Lui era così. Al suo funerale cerano scrittori,
pittori, attori, musicisti, che lo avevano apprezzato
per quello che era. Non era una macchietta, ma una
persona capace di grande analisi e con una visione
romantica del mondo. La stessa visione che, dopo
Genova e più ancora nei momenti terminali della sua
malattia, lo ha spinto a riconciliarsi non con la religione bensì con la politica. Voglio morire comunista
diceva e ribelle.