Spalloni da palcoscenico, Carlotto ne fa una ballata
Autore: Sara Cerrato
Testata: La Provincia
Data: 17 ottobre 2006
LA TERRA DELLA MIA ANIMA
Teatro Fumagalli
Cantù - 10 ottobre
Una storia iniziata sulle montagne tra la Svizzera e Varese, nel mondo degli
Spalloni e delle bricolle. Una storia di contrabbando, rapine e night club, tra la
Riviera adriatica, i villaggi costieri greci, la Spagna e la Croazia, dilaniata dalla
più crudele delle guerre.
Una storia di parole e musica per raccontare un personaggio, tra mito e realtà,
sullo sfondo di un’Italia inquieta ma anche desiderosa di svago e di canzoni,
che diventano bandiere politiche e “fotografie” di un’epoca. Tutto questo e molto
di più è «La terra della mia anima», lo spettacolo teatral – musicale visto
qualche giorno fa al teatro Fumagalli di Cantù. Uno spettacolo particolare, perché
nato come versione recitata e suonata dell’omonimo libro pubblicato nei
primi giorni di settembre dalle Edizioni e/o. L’autore, il giallista padovano Massimo
Carlotto, ha scelto di “raddoppiare” e adattare la storia tra realtà e romanzo
del suo ultimo lavoro letterario, anche per le assi di un palcoscenico. Esperimento
interessante e riuscito, grazie alla mescolanza di ingredienti capaci di
creare la giusta armonia e di non snaturare il senso e gli equilibri del libro. Prima
di tutto, va citata l’asciutta ed essenziale regia di Velia Mantegazza. In più,
la presenza in scena dello stesso Carlotto, nelle vesti di lettore/narratore, ha assicurato
agli spettatori l’atmosfera di sospeso disincanto e di ironia amara che
l’autore profonde spesso nelle sue storie di carta. Carlotto, che ha più volte ribadito
di non essere attore, non tenta strade di recitazione fisica o gestuale ma
crea, per la fantasia di chi lo ascolta, un affresco corale, in cui il contrabbandiere
Rossini si muove da protagonista, scandendo le fasi della sua vita tra crimine
e buoni sentimenti, fino all’epilogo triste ma nello stesso tempo, edificante.
Il personaggio presente nei romanzi dedicati all’Alligatore, ora, attraverso il racconto
della sua vita vera, conquista autonomia e pare raccontare l’esistenza
perduta e ritrovata, da gangster con l’anima. È un ritratto a tutto tondo, a vantaggio
del quale va la diretta frequentazione di Rossini non solo da parte di Massimo
Carlotto, ma anche per tutti i musicisti che accompagnano lo scrittore in
questa avventura teatrale. Sì, perché, come già affermato, la musica è, accanto
alla parola, ma con ruolo paritario, l’altra protagonista di «La terra della mia
anima», un tessuto di note e di rime che aggiunge sfumature all’affresco tratteggiato
con il racconto. Quando il narratore tace, è la musica a parlare, alternando
momenti d’insieme ad assoli in cui emerge il virtuosismo degli artisti. La
band messa insieme da Carlotto per questa tournée nei teatri italiani è di ottimo
livello. Da Maurizio Camardi, capace di creare suggestioni vibranti al sassofono
a Patrizio Fariselli, pianista talentuoso che ha strappato applausi entusiasti
con la sua incalzante «Luglio, agosto e settembre nero», fino a Ricky
Gianko, musicista e cantante, simbolo di un’epoca della canzone italiana. Con
le sue ballate tra il rock, l’impegno e i toni romantici, Gianko, artista preferito
da Rossini, ha riportato gli spettatori, partecipi e concentrati per l’intera prova,
indietro nel tempo. Indietro, in un mondo, culminato con gli anni Settanta, in
cui il Paese inseguiva, pur tra stridenti contraddizioni, sogni di riscatto e di rivincita.
Il bandito Rossini, con la sua vita ai margini, osserva il mondo con lo
sguardo malinconico del perdente che però conserva, a suo modo, coerenza e
senso.