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Una madre in cerca del figlio perdutosi nella colpa

Autore: Diego Zandel
Testata: La Gazzetta del Mezzogiorno
Data: 26 febbraio 2012

Ioanna Karistiani non è insolita scrivere storie molto dure, che mettono a nudo realtà estreme dell'animo umano. Basti ricorda· re Vestito in terra, in Italia edito da Crocetti, che affrontava un caso di faida famigliare a Creta (isola di cui è originaria la grande scrittrice greca) trasformato in un caso d i coscienza nato dal confronto spietato tra identità, rispetto della tradizione ed emancipazione culturale vissuto come una sfida. Con Ritorno a Delfi, edito in Italia da E/O neUa traduzione esemplare di Maurizio De Rosa·, la scrittrice sembra andare più a fondo ancora negli abissi del male. In questo caso nel rapporto tra una madre e un figlio, reo di omicidio e di stupro seriale, che si ritrovano a trascorrere alcuni giorni insieme grazie a un breve permesso di uscita dal carcere d i Atene i n cui il giovane, condannato all'ergastolo, è rinchiuso. La madre si chiama Vivi e il figlio Linos, nato da un matrimonio finito male, con la morte del padre alcolizzato, seppur in un contesto ambientale non degradato, anzi. Vivi era arrivata a frequentare l'università, lasciata proprio perché innamorata del futuro marito, un falegname comunista, impegnato nella militanza politica che conoscerà il carcere dei colonnelli. Subito dopo però, ViVi aveva aperto un negozi o di statuine, «danzatrici di porcellana, di terracotta e di cartapesta», impedendo al marito di continuare il suo lavoro di falegname: per lui una sorta di diminutio che lo avrebbe spinto sempre più a trovare consolazione nell'alcool. Rimasto ortano in piena adolescenza, Linos si sarebbe chiuso in un suo mondo solitario, nel quale l'unica compagnia cercata era quel la del suo cane. Inutilmente la madre cercava di aprirlo al mondo esterno, a frequentare le ragazze, che tuttavia apparivano al ragazzo, quando gli capitava di usci re con qualcuna di esse, gli apparivano troppo interessate solo al sesso. Per di più, a provocar! o era la sua stessa madrina di battesimo, Rodo, un'ex compagna di università di Vivi diventata medico e attratta d a ragazzi più giovani di lei che: oon la scusa di svezzarlo, non esitava a godere con lui di rapporti ora li. In breve l'idea che Linos si fa delle donne è di persone cbe mirano a una cosa sola, cioè «a essere scopate». «Se lo merita proprio. Così impara a mettersi i jeans stretti a vita bassa e a sbatterei in faccia il culo e l'ombelico». I momenti narrativi del romanzo sono diversi. Un fittizio presente, i giorni di permesso del carcere di Linos e l'idea di Vivi di trascorrere una breve vacanza col figlio a Delfi, in una pensione tenuta da una tedesca ignara dei fatti di cronaca greca e deUa foto di Linos sbattuta sulle prime pagine ·, si apre a un alternarsi di momenti nella vita di Vivi. Momenti passati, la sua gioventù, appunto, e attuali (chiuso necessariamente il negozio, si è messa a fare la badante-infermiera abbandonati dai figli) che hanno la forza evocativa delle pagine di Una vita di Maupassant. Attraverso il rapporto controverso col figlio, infatti, quello che emerge è il ribalto d'una donna sconfitta dalla vita, priva ormai di qualsiasi speranza. Non solo quei pochi giorni di pausa dal carcere, vissuti col figlio, si dimostreranno deludenti (Linos è chiuso in tm suo modo ancora una volta solitario, ma di sentita espiazione della sua colpa), ma anche la realtà «normale» dei vecchi che cura la convincono del male che è ù1 noi. Non resta che rifugiarsi nei ricordi di quei pochi momenti belli, troppo pochi, che la vita comunque sempre riserva. È li che ritrova Linos. Linos bambino, quando insieme si sedevano in silenzio sugli scogli, a guardare il mare. «Ma i miracoli non si ripetono», conclude la Karistiani, «era impossibile che quella sensazione la provassero ancora, quel la gioia perfetta, sublime, come al tempo dell'innocenza». Se mai, quell'innocenza c'è stata.