Esce Perdas de fogu, il noir mediterraneo che denuncia gli affari di esercito, mafie, politica e industria nel poligono sardo
C'è un cervello in fuga , una giovane veterinaria tornata in Sardegna per fare ricerche sulle nano particelle nel poligono di Salto di Quirra. C'è anche un veterano dell'Afghanistan, un ex maresciallo italiano, disertore per losche ragioni e sotto ricatto. E ci sono pezzi di apparati militari più o meno deviati e spacciatori di coca sardi e affaristi e un ex senatore con voglia di rimonta.
Già dall'elenco dei principali personaggi Perdas de fogu - il nuovo romanzo di Massimo Carlotto e Mama Sabot, da oggi in libreria (edizioni e/o, 163 pagg, 15 euro) - conferma la connessione, possibile ormai solo in certa letteratura, tra notizie che, di solito, se appaiono, lo fanno slegate tra loro nelle pagine interne di quotidiani eterodiretti dai poteri forti. E dunque reticenti, depistanti anche quando sono costretti a sbattere il mostro in prima pagina. L'autore padovano, massimo interprete italiano del noir mediterraneo - pur pessimista da tempo sulla capacità di molti suoi colleghi di usare lo strumento del romanzo per raccontare la realtà di questo paese - continua a evitare la deriva di altri verso la produzione di letteratura puramente consolatoria. Così sperimenta una scrittura ad almeno 20 mani, le sue e quelle di Mama Sabot , collettivo di scrittori sardi che sono andati a inchiestare l'insostenibilità dei poligoni sperimentali, quello di Capo Teulada, tra terra e mare più grande dell'intera Sardegna, pozzo senza fine di segreti e veleni in quella che è la terra delle servitù militari. Come e peggio che nei Balcani o in Iraq, l'intreccio tra sperimentazioni, private o con le stellette, di nuove armi e apparati produce un numero record di leucemie, tumori e sindromi da affaticamento cronico. Le contaminazioni da nano particelle sono fulminee: sessanta secondi per raggiungere il sangue, pochi minuti per superare la barriera dei polmoni, sessanta per invadere il fegato. E' in questo modo che si materializza, poco a nord di Cagliari, il pilastro strutturale del "sistema Italia", quel rapporto tra criminalità organizzata e il mondo politico, imprenditoriale e finanziario che Carlotto continua a indagare coi numerosi e poliformi progetti di scrittura che ha in corso.
La trama ricostruisce, tra colpi di scena ed altri espedienti di genere, quello che da undici anni prova a fare, tra gli altri, il comitato Gettiamo le basi. Nel '97, come ricorda Mariella Cao a Liberazione , prese il nome da un convegno di pacifisti di Aviano. La prima manifestazione nell'anniversario della strage di Ustica proprio di fronte a Capo Teulada. Due anni morì il caporalmaggore sardo Vacca, reduce della Bosnia, e grazie a un granchio di un giornalista, che confuse le stortie, emerse la vicenda di un altro morto per leucemia che aveva fatto la naja ma solo a Capo Teulada fino ad allora nota alle genti per il fermo di guerra imposto alle marinerie del Sulcis e i sequestri delle greggi ai pastori. Per tenerli a bada fu eretto un muro abusivo che ppresto si coprì di scritte: " Benvenuti a Uraniopoli". Il sindaco medico, primario a oncologia, e suo fratello, medico di base, incrociarono i dati e non gli sfuggì l'orrore dell'uranio impoverito: 8 sindromi del Golfo su 150 abitanti della frazione Salto di Quirra. Il comitato ne conterà 14, e venti tra i militari. Ormai è la sindrome è di Quirra anche per i 14 neonati di Escalaplano malformati, scoperti da un chacchierata casuale in un bar. Seguirono minacce e denunce al coraggioso corrispondente locale della Nuova Sardegna . E ora, con lo Scudo Spaziale Usa, sta avvenendo il rilancio alla grande del poligono sulla pelle dei cittadini e del territorio. E con la beffa di uno pseudo monitoraggio su cui sono stati dirottati i fondi ottenuti dal passato governo. Non è mai stata nominata la commissione esperti partecipata dalla società civile, i controlli scientifici sono molto al di sotto degli standard, secondo le denunce, e gestisce tutto l'aeronautica militare. Obiettivo: la certificazione di qualità ambientale per rilanciare il poligono. Manco a dirlo, il litigioso Pd locale è compatto sulla base e la sinistra timida.
Mama Sabot , prende il nome dallo zoccolo adoperato all'alba della rivoluzione industriale dagli operai per inceppare gli ingranaggi. Ma sabot è anche il nome del bossolo che contiene l'uranio impoverito. Mama, confessa Carlotto a Liberazione , viene dal fatto che «avevamo tutti l'idea di lavorare in un casino gestito da una signora». A parte Abate, gli altri scrittori sono tutti esordienti convinti dalle sorti dell'intreccio tra inchiesta e romanzo. Da soli era molto complicato, per ciascuno, arrivare in fondo all'indagine. Due anni di lavoro per raccogliere 1500 pagine di materiale grezzo, scalettare la trama come una sceneggiatura e lasciarla a Carlotto per omogeneizzarla. L'ex "fuggiasco" è entusiasta di questo tipo di contaminazione, «anche umanamente- - dice - è un'altra dimensione, di grande arricchimento, centomila volte più difficile che scrivere da soli». Grazie a un percorso formativo, impostato con Abate (insieme hanno scritto "Catfish" e "Mi fido di te") sulla macchina editoriale e la storia del genere poliziesco, è potuto venir fuori una sorta di undicesimo autore, come un nuovo sabir, la lingua di pirati, mercanti e marinai del Mediterraneo per tre secoli fino al 1800.