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Carlotto: «Nel mio noir per la Rai una Trieste piena di intrighi»

Autore: Sergio Buonadonna
Testata: Il Piccolo
Data: 16 dicembre 2008

Nella fiction «Little dream» della nuova serie «Crimini» racconta un Nordest dove i sogni sono tramontati

Trieste scenario noir per Massimo Carlotto. Si chiama «Little dream», la fiction di uno dei guru del giallo italiano che Raidue manderà in onda nei primi mesi del 2009 nella nuova serie di «Crimini». La interpretano Rodolfo Corsato, Claudia Zanella, Antonio Catania per la regia di Davide Marengo e una colonna sonora che si annuncia già di alto livello affidata al jazzista Massimo Nunzi. «È una storia poliziesca che si sviluppa tra Milano, Padova e Trieste dove trova tutte le sue conclusioni, mettendo a nudo la ferocia del sogno tramontato del Nordest – racconta lo scrittore padovano -. Ne è protagonista l’ispettore Giulio Campagna: la sua inchiesta lo porta appunto a Trieste dove deve cercare una ragazza, ma l’indagine gli riserverà molte sorprese, nuove incognite e situazioni piuttosto complicate».

Massimo Carlotto è con De Cataldo e Lucarelli voce e firma influente del noir mediterraneo, il giallo che mescola l’indagine col romanzo o come si preferisce dire oggi è tra i maestri del new italian epic. Ne è prova il suo recentissimo «Perdas de Fogu» (e/o, pagg. 163, euro 15), scritto insieme con i Mama Sabot (dieci giovani autori sardi), atto d’accusa di quella fabbrica di veleni e di morte che è il poligono sperimentale del Salto di Quirra presso la più nota base militare e missilistica italiana, in Sardegna, da dove prende il nome la Sindrome che ha ucciso decine di persone e centinaia di animali, vittime del tumore provocato dalle nano-particelle dell’uranio impoverito. Una tragedia che esplose alcuni anni fa tra i soldati italiani in Kosovo, ma di cui non si parla quasi più. Se ne riparlerà, invece, giovedì sera alle 20 al Cinema Ariston di Trieste, dove Carlotto sarà ospite del Club Anthares per presentare «Perdas de Fogu», ma anche per rivedere e ridiscutere «Arrivederci amore ciao», il film di Michele Soavi con Alessio Boni tratto dal romanzo che più gli ha dato fama.

Carlotto, perché «Arrivederci amore ciao» è ancora attuale?
«Perché è stato il primo romanzo che ha raccontato la nuova criminalità che si nasconde all’interno del processo produttivo per non farsi individuare da magistratura e polizia. Ed è anche la più pericolosa e socialmente temibile: te la ritrovi a fianco ma non la riconosci subito».

Con il racconto televisivo Trieste è diventata per lei motivo di ricerca. È così?
«Trieste è una città affascinante che ha sempre dato moltissimo alla cultura italiana. Questa città così assolutamente interessante e sempre da tenere d’occhio indica prima delle altre le tendenze e infatti sono molto contento di tornarci anche per capire, per annusare l’aria, per cercare nuovi spunti narrativi».

Com’è nato «Perdas de Fogu», quali sono state le modalità d’approccio con Mama Sabot, anche se lei mantiene il suo stile secco e rimane il «capotribù»?
«È un’inchiesta che non potevo fare da solo ed ho chiamato a raccolta quel gruppo di autori e di esordienti che si sono riuniti intorno al mio lavoro a Cagliari. In due anni siamo riusciti a venirne a capo soprattutto perché bisognava cercare di districare una matassa davvero complicata. Ormai i romanzieri di noir si muovono molto sulla base delle richieste dei lettori che hanno capito che se vogliono essere informati in modo particolare è più facile farlo attraverso un romanzo. In Sardegna si parla molto di queste morti misteriose, delle malattie provocate dai materiali bellici. Ne parlano meno i giornali».

«Perdas de fogu» racconta ciò che la politica tiene nascosto?
«Eh sì, la politica e le istituzioni. Perdas de fogu svela meccanismi anche di depistaggio che ci sono stati per molti anni in nome di interessi superiori. Ma non dà risposte, suggerisce dubbi e interrogativi, gli stessi che ho trovato nelle reazioni politiche in Sardegna, negli incontri con i giovani che cercano un’alternativa agli insediamenti militari e nell’incontro molto toccante e coinvolgente con i parenti dei malati e la mamma del soldato morto in Kosovo».

Lei ha scritto che il noir mediterraneo può trasformarsi in un punto di vista «altro» geograficamente e culturalmente caratterizzato e volto all’impegno civile. Dunque cos’è oggi?
«È uno strumento che affianca la grande inchiesta al romanzo. In questo modo si racconta al lettore una storia che si inserisce in un meccanismo più generale e lo informa delle trasformazioni criminali che investono tutto il mondo sociale e letterario del Mediterraneo».

Il noir italiano si è interrogato poco sulla natura politica del crimine?
«Lo aveva fatto di più in passato, oggi la maggior parte degli editori ha scelto di tornare ad una raffinata, ottima letteratura di intrattenimento perché se no gratta gratta si arriva sempre al mondo politico e allora è meglio stare calmi».

Lei che ha raccontato il Nordest dell’accumulazione di capitali e della violenza che ha generato, trova nuovi spunti in quest’Italia «offesa»?
«Stiamo assistendo all’insediamento definitivo di criminalità provenienti dall’estero. Ma non dobbiamo mai dimenticare che la tangenziale di Mestre, quella fila infinita di Tir che entrano ed escono dall’Italia, è il punto del Paese dove quotidianamente passa la maggior parte delle merci illegali, dunque un crocevia geografico sempre più importante e inquietante. Ma ora che la locomotiva del nord-est che guidava l’economia italiana è partita verso la Romania, la gente, stanca di voler ragionare, si rifugia nell’intolleranza».

Lei, invece, ha allargato la platea del suo messaggio politico-letterario facendo la voce narrante di se stesso anche a teatro.
«Mi piace portare sul palcoscenico le mie storie, raccontarle da un altro punto di vista perché più le racconti anche in forme artistiche diverse meglio è. Credo molto nella tradizione orale e il paradosso è che in un Paese votato al racconto, la televisione ne sta facendo perdere il gusto. Perciò fare teatro di narrazione tra parola e musica mi sembra un buon soccorso».

Adesso che cosa sta preparando?
«Sto lavorando al prossimo romanzo che uscirà a settembre. Dopo otto anni torna il mio personaggio seriale, l’Alligatore, il mio detective privato Marco Buratti un po’ sopra le righe, che questa volta si muoverà tra il nord-est e Barcellona. Poi lavoro ad un progetto teatrale e ad una sceneggiatura per il cinema. Naturalmente per il momento tutto top-secret».