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Perdas de Fogu, il collettivo Mama Sabot e Massimo Carlotto alle prese con le pietre di fuoco

Autore: Jadel Andreetto
Testata: Panorama.it
Data: 22 dicembre 2008

Il noir sociale, quello alla Ellroy per intenderci, declinato in salsa mediterranea à la Jean Claude Izzo sempre per intenderci. Ma in “Perdas De Fogu” (E/O pp 159, € 15) del collettivo sardo Mama Sabot in compagnia di Massimo Carlotto, c’è di più. C’è una pianificazione a tavolino degli intenti narrativi, un meticoloso lavoro di inchiesta che parte dai “magheggi” romani, passa per gli interessi della Nato e arriva sino al cuore della Sardegna. Un cuore, sporco, velenoso, radioattivo. Letale per le bestie che pascolano quanto per gli uomini, soldati e pastori, che ci vivono trattati alla stregua di cavie da laboratorio. Perdas de Fogu, le pietre di fuoco, è il poligono Salto di Quirra, il più grande d’Europa, un luogo in cui le industrie del settore racconta Mariella Cao del Coordinamento Sardo “Gettiamo le Basi” al settimanale on line “Palamito News“, testano armi e mostrano agli acquirenti, come in una fiera, il loro potenziale. Un luogo militare, pubblico quindi, “affittato” a privati, due o tre multinazionali a rotazione, per miliardi di euro, tra cui l’Alenia, la Fiat - Iveco, l’Oto-Melara, l’Aerospatiale, la Oerlikon Contraves S.p.A - oggi Rheinmetall - che già quarant’anni fa iniziò a sperimentare le munizioni all’uranio usate poi in Kossovo.

Quello che accade entro il perimetro della struttura è praticamente un mistero coperto da segreto militare e da segreto industriale, quello che accade nei dintorni dal 1988 no: su 150 abitanti della frazione di Quirra sono stati registrati una ventina di casi di leucemia o tumori del sistema emolinfatico, le stesse patologie riscontrate in certi soldati reduci della guerra del Golfo e dei Balcani dopo l’esposizione all’uranio. L’Italia ufficialmente non utilizza armi radioattive, ma altri Paesi, che testano il proprio arsenale a Pedras de Fogu, come gli Stati Uniti, hanno in dotazione questo tipo di armamento. Eppure l’uranio impoverito ha effetti devastanti solo se esposto ad altissime temperature, come quelle prodotte dalla detonazione. Cosa c’è quindi nell’aria, nella terra, nell’acqua della zona? Il romanzo si apre con una scena da film postatomico di sereie b, una veterinaria esamina degli agnellini, hanno le orecchie al posto degli occhi. Mama Sabot, non inventa nulla, e infatti oltre agli animali deformi nell’Ogliastrino sono nati bambini senza il cervello, e sono stati rilevate tracce di plutonio e di nanoparticelle, come a Chernobyl.

Per il collettivo di nove scrittori e per Carlotto si tratta di portare in scena una realtà ai limiti della fantascienza e della fantapolitica attraverso i canoni del noir, traslando sul palcoscenico della narrazione personaggi tipici del genere come il barista dal passato torbido Sebastiano, il disertore Pierre, Nina la veterinaria travolta dagli eventi e costretta a fare i conti con il suo lato oscuro, Tore il miserabile cattivo da operetta, alcuni mercenari ed ex contractor, militari e politici corrotti, criminali di mezza tacca, agenti dei servizi deviati a cavallo tra la macchietta e il Pete Bondurant di American Tabloid. Personaggi disperati, senza via d’uscita, stretti nell’angolo dal destino, il cui futuro per forza di cose è segnato. Il nume tutelare in questo caso è, come già detto. Izzo. Forse il libro poteva essere più corposo e trovare un equilibrio migliore tra fiction e non-fiction, l’inchiesta e la faccenda del poligono rimangono un po’ troppo sullo sfondo ed è la parte noir a prevalere, quella dell’intreccio. Non era un compito facile e forse il registro narrativo aveva bisogno di un afflato più “epico” e “complesso” ma è comunque un buon romanzo di genere da leggere tutto d’un fiato in grado di far scorgere la punta dell’iceberg, un iceberg radioattivo.