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Autore: Benedetto Vecchi
Testata: Il Manifesto
Data: 9 aprile 2008

«Cristiani di Allah», un noir storico di Massimo Carlotto per e/o. L'avvincente storia di due lanzichenecchi che scelgono la religione dell'Islam e una vita da pirati per continuare ad amarsi. Tra battaglie, assassini e vendette, la via di fuga dallo scontro tra due imperi è l'esodo verso il Nuovo mondo

Un noir mediterraneo. Così viene presentato l'ultimo romanzo di Massimo Carlotto Cristiani di Allah (edizioni e/o, pp. 194, euro 19,50. Durante, o dopo, la lettura del libro va assolutamente ascoltato il cd musicale allegato, vera colonna sonora del romanzo). Rispetto alla definizione canonica di noir mediterraneo a cui si rifà, e che Carlotto in articoli, saggi e interviste ha «innovato» in tempi recenti, andrebbe aggiunto l'aggettivo storico, perché la vicenda si svolge a Algeri, anno di grazia 1541. Protagonisti di questo romanzo sono i «rinnegati», cioè ex-mercenari, ex-schiavi e mercanti che hanno voltato le spalle alla religione cattolica per abbracciare quella musulmana per molte ragioni, talvolta nobili, spesso per necessità. Ci sono cerusici che hanno scelto la fede di Maometto perché nella cattolica Europa non potevano sezionare i corpi dei morti per studiare l'anatomia umana, azione ritenuta peccaminosa e punibile con la morte. Ci sono poi uomini in fuga da torti subiti da qualche signorotto locale, mentre nella «bianca Algeri» potevano provare a essere i «fabbri del loro destino». E poi ci sono loro, i corsari, che sognano di formare una federazione di città corsare, affrancandosi così da un impero, quello Ottomano, che in fatto di ferocia non non è secondo a quello di Carlo V.

La battaglia di Algeri

Massimo Carlotto sceglie come protagonisti due ex mercenari - un albanese e un germanico - che hanno combattuto nei lanzichenecchi. Hanno partecipato a orrendi massacri e sono entrati a Roma mettendola a sacco. La scelta di diventare musulmani è maturata quando si sono innamorati. Un amore, quello omosessuale, impossibile nelle cattolicissime terre d'Europa, vietato ma tollerato dai seguaci di Allah, tanto più per chi come corsaro combatte per la grandezza di Solimano il Magnifico.

Cristiani di Allah prende l'avvio dall'assedio di Algeri da parte di Carlo V. La «città bianca» paga il suo tributo a Costantinopoli, ma mantiene un ampio margine di autonomia. È governata da un reggente di origine sarda e da uno strano comitato, che vede insieme mercanti e corsari. Quando la flotta dell'imperatore spagnolo getta l'ancora di fronte a Algeri, resistere alle armate nemiche è questione di vita o di morte. Per i «rinnegati», la vittoria di Carlo V significa un crudele supplizio; per gli ebrei fuggiti dai pogrom in Polonia o dall'Inquisizione e che hanno trovato ospitalità presso i musulmani, la capitolazione di Algeri è sinonimo di conversione forzata. Gli unici che «tifano» per le armate cattoliche sono gli schiavi che non si sono convertiti. Ma il reggente dà ordini inequivocabili: ogni tentativo di rivolta vedrà l'intervento dei «giannizzeri», le feroci truppe scelte di Costantinopoli che seguono una religione «bastarda», cioè un incrocio di precetti del Corano e di dogmi cattolici, e che sono famosi per la loro ferocia. Massimo Carlotto ha studiato molto per ricostruire quel periodo storico. C'è molto Fernand Braudel in questa pagine, ma anche molte delle memorie dei soldati di ventura e dei moriscos sopravvissute ai secoli. Le pagine dedicate all'assedio di Algeri fanno trasparire uno sguardo benevolo per gli «uomini in arme», senza che mai Carlotto superi la soglia di una posticcia epica militarista. Anzi la guerra è raccontata in tuta la sua insensatezza, crudeltà, con la popolazione civile come vittima sacrificale.

Libertà corsara

La voce narrante del romanzo è di un rais stanco di combattere. Con il suo amato fantasticano di trasferirsi nel Nuovo mondo, dove poter finalmente condurre una vita in piena libertà. Occorre perciò andare per mare e accumulare denari. Le regole di combattimento sulla sua nave vietano gli stupri, l'uccisione di bambini e anziani, ma incentivano però la razzia e la riduzione in schiavitù dei prigionieri. Come sempre accade nei romanzi di Carlotto non ci sono quindi divisioni manichee tra buoni e cattivi, sebbene lo scrittore non demonizzi mai i «rinnegati». I corsari sono solo figli del loro tempo e non si astengono dunque dall'uccidere e dal saccheggiare. Soltanto che a differenza dei lanzichenecchi o dei giannizzeri non lo fanno a favore di un ordine costituito, ma solo per loro stessi. Le loro regole di comportamento non hanno nulla di romantico e sono però propedeutiche a una vita affrancata dai poteri costituiti, religione inclusa. Aspirano a una federazione di città autonome. La sottomissione a Costantinopoli è inoltre frutto di un calcolo politico, perché lì il corsaro «Khair detto il Barbarossa» è diventato ammiraglio nella flotta di Solimano il Magnifico, con la segreta speranza di poter strappare l'autonomia delle città corsare. Ma questo sogno si sta trasformando in un incubo, visto che il sultano continua a inviare giannizzeri. Insomma, lo scontro tra i regni europei e l'impero ottomano sta cancellando ogni esperienza, forma di vita che ha preso corpo nel Mediterraneo, compresa anche l'esperienza dei corsari. E quando l'amante del protagonista ha una «storia» con un giannizzero il fragile equilibrio va in pezzi. Da quel momento in poi, il romanzo storico di Carlotto può tingersi di noir, visto che il «germano» sarà ucciso e crocefisso all'ingresso della casa del suo amato.

Impossibile indulgenza

Cristiani di Allah è da parte di Massimo Carlotto un'operazione ambiziosa. Lo scrittore prova, riuscendoci, a raccontare il presente attraverso il passato, tenendosi alla larga da ogni narrazione che abbia il gusto dell'epica. È consapevole dei rischi che si corrono con il romanzo storico. Ma ha imparato bene la lezione di György Lukàcs e la usa solo per mettere in rilievo come il tramonto di una forma di vita «altera» rispetto a quella dominante può diventare significativa solo se narrata dalla parte degli «antagonisti», a differenza i quanto sosteneva il filosofo ungherese rispetto ai «decadenti» protagonisti dei suoi tanto lodati romanzi storici. Questo romanzo può infatti essere considerato un tassello di quell'affresco sullo spostamento del baricentro della vita mondiale verso l'Atlantico stupendamente tratteggiato nel saggio di Peter Linebaugh e Markus Rediker ne I ribelli dell'Atlantico (Feltrinelli) o in Canaglie di tutto il mondo di Markus Rediker (Eleuthera). Ma senza nessuna indulgenza verso i «rinnegati», perché rinnegavano sì un ordine costituito, ma non sempre riuscivano a voltargli definitivamente le spalle, continuando a sognare l'esodo verso il Nuovo mondo.