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Dal Festival Nebbiagialla di Suzzara: un’intervista a Carlo Mazza

Autore: Sabrina Minetti
Testata: .
Data: 21 febbraio 2012

Chi sono i “lupi”? E cosa rappresenta il mare, che hai messo nel titolo del tuo romanzo?
I lupi sono i notabili locali, compromessi con il malaffare. Il mare rappresenta i sentimenti. Ho lasciato delle tracce in questo romanzo, a proposito dei sentimenti e della loro forza, capace di contrastare il male. Per fare un esempio: c’è un tontolone che appartiene alla banda dei cattivi, che, in qualche modo, fa naufragare tutta il progetto criminoso di cui fa parte, perché si innamora della badante della madre... un altro si innamora della ex compagna del suo capo. Sono tutti segnali con cui volevo cercare di dare quest'idea: i sentimenti sono una forza dinamica e antagonista rispetto all'immobilità sociale. Mi sono ispirato a film come "Io sono l'amore", di Guadagnino, “Gorbaciov” di Incerti o “Le conseguenze dell'amore”, di Sorrentino. Sono tutti film nei quali, rispetto al degrado e all'immobilità verso questo degrado, i sentimenti intervengono in direzione del cambiamento.
Il mare rappresenta qualcosa oltre il quale anche i lupi non riescono ad andare.
Il personaggio principale di “Lupi di fronte al mare”, il capitano Bosdaves, ha un nome curioso…
Bosdaves e' un triestino trapiantato a Bari. Ho voluto dargli questo nome, perché quando ero bambino collezionavo le figurine Panini e c'era questo calciatore, che giocava nel Verona, poi nel Napoli; mi aveva colpito il suono del suo nome, così lo ho recuperato, quarant'anni dopo. E siccome un tale nome non poteva essere barese, ho dovuto inventare che lui si fosse trasferito al sud con la famiglia, che proveniva da Trieste.
Si tratta sempre di una città di mare... Come si trova Bosdaves a Bari? In fondo e' protagonista di una sorta di emigrazione al contrario...
Bosdaves in realtà si e' trasferito a Bari da bambino, ma gli è rimasta questa origine straniera. E' un personaggio che ho cercato di non standardizzare. Malinconico, sensibile, colto. Ci si aspetterebbe piuttosto che un ufficiale dei carabinieri sia una persona indurita dalla realtà con cui ha a che fare tutti i giorni. Invece lui e' una persona mite. Mi piaceva immaginare che dietro la sua divisa ci fosse una persona con queste caratteristiche.

Del resto se vale il concetto che i sentimenti sono una forza dirompente, capace di aggredire persino l'animo malato dei "cattivi", a maggior ragione devono essere presenti nei personaggi “buoni”, come i tuoi carabinieri...
Si, in realtà penso che i sentimenti possano operare in ognuno di noi. E ad ogni modo il confine fra buoni e cattivi io lo vedo in continuo movimento, perché spesso le persone si muovono in una zona grigia ed e' molto facile, per tutti, superare il limite fra bene e male.
Il tuo capitano Bosdaves è un uomo di squadra o un solitario?
Lui è fondamentalmente un solitario, ma vorrebbe anche provare senso di appartenenza. Non a caso in un dialogo con il suo braccio destro, questi gli risponde: ”Io ho la mia famiglia, ho il mio lavoro, e poi faccio anche parte di una comunità”.
In questo richiamare il concetto di appartenenza, hai voluto omaggiare l’arma dei carabinieri, di cui ricordi, dal servizio militare, lo spirito di corpo?
Anche, ma in realtà il mio intento era più ampio. Volevo far passare una mia convinzione: che in tutti i campi, in ogni situazione, non si può essere felici, se non condividendo la felicità con gli altri.
Questa è anche una speranza? Stare con gli altri, condividere, appartenere è un modo per contrastare la malinconia, il male del vivere e anche il malaffare?
Sì. Io posso essere pessimista nel ritrarre una realtà spietata, ma alla fine una pagina di speranza la devo scrivere, altrimenti mi ridurrei a fare della vita semplicemente una rendicontazione.
Anche perché i meccanismi tradizionali per contrastare il malaffare, come la politica, ad esempio, mostrano la corda…
E le donne nel tuo romanzo?
Una figura femminile importante è una giornalista. E’ bravissima nel suo lavoro e si fa coinvolgere nelle indagini, soprattutto perché vuole conquistare l'affetto del capitano Bosdaves.
Uno degli aspetti del malaffare su cui ti concentri in “Lupi di fronte al mare” è la malasanità pugliese…
In realtà parlo anche d’altro: delle banche, dei professori universitari, di chi, più in generale, esprime interessi economici… Il mio è un romanzo sulle diverse pratiche del potere, quello istituzionale e quello carismatico del capo dei notabili cittadini o del boss mafioso, che non è un potere meno pregnante, meno forte, anzi!
La struttura del tuo libro risente della tua passione per il teatro?
Sicuramente. Per la struttura dialogica, perché è un romanzo ricco di dialoghi. Ma anche per il suo essere articolato in capitoli brevi, con chiusure a sipario, che potrebbero essere altrettanti quadri di “teatro”. In certi momenti, mentre lo scrivevo, pensavo quasi ad una sceneggiatura, o comunque al fatto che sarebbe abbastanza facile trasporre il romanzo in una sceneggiatura. D’altra parte è un tratto comune degli autori contemporanei l’abitudine di pensare alle storie che scrivono come a delle immagini da guardare, così come avviene un po’ in tutti i campi al giorno d’oggi: abbiamo tutti molta più confidenza con le immagini che con la parola scritta.
Il tuo romanzo è stato pubblicato da E/O nella collana Sabot/Age. Sentivamo raccontare da Massimo Carlotto (durante il Festival Nebbiagialla, ndr) che questa collana e' nata per pubblicare libri scritti bene e capaci di rappresentare il nostro tempo, il nostro paese, e i luoghi in cui si sviluppano le storie del nostro paese.
Tu hai raccontato qualcosa che conosci, che hai studiato, che hai approfondito, qualcosa che si respira a Bari?
Qual e' stato il processo di osmosi fra realtà sociale e processo di narrazione?
C’è una certa fioritura culturale pugliese. Pensi che questo coincida con una sorta di fase di risveglio della coscienza collettiva in questa regione e a Bari, in particolare?
Bari e' una città emblematica, una grande città del Sud, con suoi modelli di comportamento, e sicuramente il processo di cambiamento e' in atto da molti anni. Più che altro posso dire che Bari e' una città molto adatta a essere narrata, perché porta in sé delle contraddizioni molto forti. E' teatro, ad esempio, di uno dei fenomeni criminali più complessi: l'incontro fra malavita locale e malavita straniera, con la ‘ndrangheta, la camorra, la mafia che intrecciano i loro affari con la criminalità cinese, nigeriana e slava. Bari è un centro di snodo di tutto ciò ed è fortemente rappresentativa in tal senso.
Quali sono i tuoi modelli di scrittura?
Mi piace molto Svevo, con il suo La coscienza di Zeno.
Nella presentazione di Lupi di fronte al mare (di Adele Marini, durante il Festival Nebbiagialla, ndr) il tuo stile e' stato definito "alla Chandler"...
Il paragone, ovviamente, mi lusinga moltissimo!
Ho cercato di sviluppare, come fa Niccolò Ammaniti, la capacità di far convergere tante storie in un'unica trama. Una cosa che mi è piaciuta molto, nello scrivere il romanzo.
E l'utilizzo dei capitoli brevi a sipario ti ha aiutato in questo senso?
Si, decisamente.
Il passaggio da una carriera che non ha nulla a che vedere con la scrittura e' un cambiamento netto o continui a portare avanti anche il tuo lavoro?
Il mio lavoro di bancario lo porto avanti senz'altro. Con i libri non ci si arricchisce. E' evidente che per vivere, oltre a scrivere, bisogna avere una fonte di reddito.
E come hanno preso i tuoi colleghi la notizia della pubblicazione di questo romanzo?
L'hanno presa bene, con curiosità e favore. Ho avuto dei commenti molto positivi e partecipi!