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Una brutta storia. La nostra.

Autore: Tersite Rossi
Testata: Tersiterossi.it
Data: 5 maggio 2012

La Polizia ci protegge. La Polizia arresta i criminali. La Polizia difende la legge. La Polizia è buona. Non ci credete troppo. Non dopo aver letto il nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi, “Una brutta storia” (Edizioni E/O, 2012). Protagonista: un branco. Di sbirri. Corrotti. Violenti. Sanguinari. Assassini.

Il branco è una minaccia. Il branco è criminale. Il branco viola la legge. Il branco è cattivo. Non ci credete troppo. Non dopo aver letto il romanzo di Piergiorgio Pulixi, sempre lo stesso: “Una brutta storia”.

Sì, perché al protagonista, come spesso capita con qualunque protagonista ben “disegnato”, anche il più cattivo, il lettore finisce con l’affezionarsi. E il nostro protagonista, il branco di sbirri corrotti, è pur sempre fatto di persone. Con dei sogni, dei sentimenti, dei legami, persino dei valori. Il branco è una famiglia. E a volte il lettore finisce per mettersi dalla sua parte, e, quando se ne accorge, magari si vergogna anche. Ma non può farci nulla.

E’ forse questo il maggior pregio letterario del romanzo di Pulixi: lo sbiadimento della linea di confine tra buoni e cattivi, paradossale per un romanzo in cui è palesemente chiaro in partenza chi è buono e soprattutto chi è cattivo. Una scelta azzeccata, dall’esito felice di rendere il romanzo più rotondo e avvicente, capace di condurre con l’efficacia necessaria il suo messaggio allarmante al lettore.

Cosa cui, a dire il vero, già provvede – e parecchio – la sceneggiatura. Un susseguirsi di trame e sotto-trame, di biografie intrecciate l’una all’altra da fili sottili e meno sottili, casuali e meno casuali, un congegno che gira senza sbavature per oltre 400 pagine, un ritmo che rimane teso fino al finale-non finale.

Ingredienti: rapine, agguati, omicidi, pestaggi, piani di vendetta, amori complicati, amicizie forti, amicizie tradite, soldi, armi, droga, guerre fra bande che giocano a far vedere a chi ce l’ha più duro. E con le quali “gioca” e persino si diverte il lettore stesso, al quale meglio arriva, in questo modo – potere della narrativa d’inchiesta, e, nel suo ambito, del noir sociale – il messaggio affidato al romanzo.

Forte, fortissimo. Una denuncia, quella contenuta in questa “brutta storia”, che è chiara, lampante: la corruzione e la criminalità interne alla Polizia di Stato, coperte, senza pudore, dai vertici stessi. Questo è il messaggio inquietante veicolato dal romanzo, che Pulixi deve avere affidato a un lungo periodo di indagine e di scavo dentro le cronache italiane giudiziarie e nere degli ultimi anni.

Lo sbirro corrotto ci può pure essere, c’è sempre stato, non è solo un topos letterario. Va bene. Ma il vertice che sa e lo copre no. Quello è intollerabile. Perché accade questo? C’è un passaggio preciso, che arriva a circa un terzo della narrazione, in cui la spiegazione viene fornita in modo chiaro, inquietante.

Si confrontano lo “sbirro buono” (uno dei pochi del romanzo), il vicequestore Valerio Bucciarelli, e un alto dirigente della Polizia. Bucciarelli sbatte loro in faccia le malefatte del branco, guidato dall’ispettore Biagio Mazzeo della Sezione Narcotici. E l’alto dirigente che fa? Gli risponde così:

“I miei agenti girano con giubbotti antiproiettile scaduti da anni e totalmente antiquati rispetto a quelli di nuova generazione, ne è a conoscenza? Sto valutando seriamente di ridurre l’equipaggio delle volanti a un solo agente, si rende conto? Un solo agente per macchina! L’età media dei miei uomini è di quarantatré anni, dottore. Quello che voglio dirle, Bucciarelli, è che siamo allo sbando. […] È questa la realtà, mi segue? Siamo abbandonati a noi stessi, ed è chiaro che la crisi economica acuirà le tensioni sociali e come sempre saremo noi a dover fare il lavoro sporco…”

“Ma noi  - prosegue l’alto dirigente - abbiamo una carta speciale in mano. Una carta che ci permette di tenere il gioco in stallo: Biagio Mazzeo e la sua squadra. Mi creda, Mazzeo ha condotto la Narcotici a risultati mai raggiunti in tutto il Paese. Mi porta arresti continui, procura condanne effettive, mi garantisce delle statistiche brillanti, e sono le statistiche, mio caro dottore, l’unica cosa che sblocca i finanziamenti. Prima se ne fa una ragione e meglio è. Cerchi di capire che non è più una questione di giurisprudenza ma di matematica… Le dirò di più: Mazzeo non è soltanto utile a questo dipartimento: è indispensabile. Se io dovessi smembrare la sua squadra antidroga, le statistiche e gli arresti crollerebbero di colpo, e i finanziamenti di conseguenza. Sappiamo entrambi che questo significherebbe un calo vertiginoso del budget a nostra disposizione, che si ripercuoterebbe sulla sicurezza dei cittadini. Perciò, se devo passar sopra a spacciatori malmenati, a drogati brutalizzati, a pedofili e sfruttatori torturati da lui e dalla sua squadra di agenti pluridecorati, a qualche mazzetta o sottrazione di prove, in questa situazione lo faccio ben volentieri, cristo”.

La domanda allora è: quanto siamo distanti, già oggi, da una situazione del genere? O piuttosto: quanto è diffusa, già oggi, una situazione del genere? Sarebbe ben peggio della Diaz e di Genova 2001. Perché lì la sospensione del diritto fu temporanea, e dovuta alla neo-strategia della tensione. Qui, invece, sarebbe strutturale, e dovuta a motivi più profondi. Anzi, a uno.

Il denaro. Quello che, in nome della dittatura dei mercati, resta nelle tasche di pochi ricchi e colpisce tutto quanto è bene pubblico. Inclusa la pubblica sicurezza e chi deve difenderla. Perché con meno Bucciarelli in giro e più Mazzeo, la criminalità prospera. Tollerata e legalizzata. E con essa i mercati. Criminali, tollerati e legalizzati, come ormai li vuole, li richiede, il sistema.


PS: “Una brutta storia” di Piergiorgio Pulixi è uscito nella Collezione Sabot/Age curata da Massimo Carlotto in contemporanea al nostro “Sinistri”. Siamo felici di condividere con questo compagno di viaggio la nostra nuova avventura editoriale.