Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Gli occhi di Mila (Parte Seconda)

Autore: Carlo Vanin
Testata: Sugarpulp
Data: 31 maggio 2012

Il viaggio alla scoperta delle antesignane di Mila continua. Nella scorsa puntata ho fatto un giretto dalle parti della letteratura medievale. Ho parlato della Donna Petra che, metaforica o no che fosse, di certo non era prona a far da bersaglio, e ho proseguito parlando delle donne di Boccaccio che a stare a casa a guardare le telenovelas del tempo proprio non ci stavano, né il mio amico Giovannaccio avrebbe voluto che ci stessero, a dirla tutta. Ho poi fatto un salto nel buio dei tempi antichi, parlando della madre di tutte le streghe: la bella Lilith, demone, vampiro, strega, donna della foresta e prima compagna di Adamo secondo alcune tradizioni. Oggi il viaggio alla ricerca del gene di Mila prosegue: in questa puntata si parla dei requisiti minimi per avere almeno un appuntamento con una donna come Mila Zago. Si parte dall’inghilterra: quindi munitevi di cappello a bombetta, ombrello e pinta di birra. Siete pronti? No, non siete pronti. Finite di bere la vostra birra e poi cliccate quel 2 che vedete qui a fondo pagina. Io vi aspetto.


4. La belle dame sans merci

John Keats sembra il nome di uno di quegli eroi d’azione, pensateci: “Tenente Keats, gli alieni ci stanno attaccando!”. E invece no, tutto il contrario. Keats era un poeta inglese di inizio ’800, nel periodo in cui Londra cominciava ad assumere le sembianze di quella descritta nei romanzi di Dickens. Nebbia, vicoli bui, Jack lo squartatore, carrozze, prostitute e tutto il resto. Keats di certo non guardava molto spesso fuori dalla finestra perché nelle sue poesie parla spesso di luoghi classici e mitologici, tipo l’Arcadia che non è solo l’astronave di Capitan Harlock ma pure quel luogo mitico dove si stava tutti bene, si beveva e si faceva all’amore. Keats era un mistico (non un aviatore, però), un romantico, un proto-decadentista (proto perché non si distruggeva di assenzio come Baudelaire & Co a mio parere) e una persona parecchio sensibile. Una di quelle che hanno le antenne ben puntate nei posti dove nascono i simboli, nel sottotesto della realtà condivisa, come direi io. Di lui mi piacerebbe dire molto ma qui vorrei parlarvi solo di una sua ballata: “La belle dame sans Merci”, la bella dama senza pietà.
I commentatori e i critici dicono che il testo della ballata in questione sia pieno di enigmi simbolici ma io, come sempre, prendo le cose molto letterali. La storia è semplice: un cavaliere senza macchia e senza paura viene attratto da una bellissima donna dai lunghi capelli e “dagli occhi selvaggi”. La donna, la bella dama, trattiene il cavaliere nella sua “grotta degli elfi” e solo il vostro pensiero malizioso vi potrà immaginare a far cosa. Sta di fatto che il cavaliere da quest’esperienza non esce molto bene. E ci credo, perché la belle dame è sì bella ma pure non ha pietà. Come dice l’esergo di questo capitolo: “Vidi pallidi re e principi pure, pallidi guerrieri, mortalmente pallidi erano tutti loro; loro gridavano: ‘La Belle Dame Sans Merci ti ha reso schiavo!’”. L’insistenza di Keats sul pallore di tutti costoro mi fa venire in mente  ciò che si diceva di Lilith, al fatto che la si ritenesse una vampira. La belle dame vive nella foresta, offre il suo amore ma qualcosa prende: il tuo sangue. E il sangue è sempre simbolo della vita. La cosa che più mi piacerebbe farvi sapere (anche per avvertirvi) sulle donne che hanno gli occhi di Mila è questa: non c’è da scherzarci. Alcune di loro sono effettivamente pericolose. E’ vero: rappresentano la sensualità ferina, la passione, il desiderio, offrono godimenti sicuramente più grandi delle donne angeliche che sorridono e ti coccolano come mamme. Però chiedono qualcosa in cambio. Non tutti gli uomini, però, sanno pagare il prezzo.

5. La donna di "Invernale" di G. Gozzano

Leggetevi Gozzano, son sicuro che a lui piacerebbe. E’ lui che ha fatto rimare Nietzche con Camicie. Senza dubbio, una delle più belle rime della poesia italiana. Non ha fatto solo questo, ovviamente. Se ci penso bene, credo che il Guido fosse stato uno dei primi a rendersi conto della propria condizione di inetto sociale, figura archetipica (assimilabile all’Alieno Vaniniano) da sempre rimasta in ombra che Svevo porterà agli onori letterari.
L’inetto è un tizio che non si trova bene nella società, che tromba poco o punto e che, in genere sta male perché incompreso. Io rido ma so che alcuni di voi che leggono si sentono proprio così: sfigati. E’ una condizione comune, non facciamone un dramma. Il povero Guido un giorno va a fare una pattinata sul laghetto del Valentino, in quel di Torino. Ad un certo punto, il ghiaccio del lago si crepa. La donna con cui pattina il Nostro gli dice di restare con lei, che non c’è niente di cui aver paura ma Guidone purtroppo proprio non ce la fa e raggiunge la riva. Tra l’amore che gli chiede un sacrificio forse mortale, una vita inquieta e mai sicura, Gozzano sceglie di tornare a riva, sicuro tra i suoi amici, che già hanno abbandonato da un po’ il lago. La dama coi pattini, alla fine della poesia, gli si avvicina e con un sibilo gli conferma quello che lui sa già e cioè che è un vile. Son sicuro che, quella volta, Guido Gozzano si è trovato di fronte agli occhi di Mila, come il cavaliere senza macchia di fronte alla Belle dame sans merci.
Le bad-girls non solo non hanno pietà, ma non hanno neppure pazienza per chi ha poche palle. Il loro uomo, quando proprio si sentono in vena di averne uno, non è certo qualcuno che ama la sicurezza e un focolare caldo al ritorno dal lavoro, anzi. Non so, non credo che Mila potrebbe essere mai domata ma il punto non è questo, il punto è che se siete innamorati di una come lei, sappiate che sarete sottoposti a dei test. Test non facili, da accademia militare direi. Perché è vero che la donna Mila non ci sta, come ho detto ma è vero anche che non è completamente impossibile conquistarla. Per qualche tempo, come il cavaliere, o per poco, come il nostro Guido. Sta a voi decidere cosa volete fare della vostra vita. La sicurezza e la vita o il godimento e la morte? Io qui scrivo morte, ma tutti sappiamo cosa porta in sé il simbolo della morte e cioè il seme del cambiamento, la perdita delle nostre concrezioni infantili e la rinascita come uomo nuovo, adulto nel vero senso della parola.
Uomo avvisato…