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Tutto e subito

Autore: Andrea Consonni
Testata: Lankelot
Data: 2 luglio 2012

“Nel 2006 un cittadino francese musulmano di origine ivoriana ha rapito e ucciso, in modo particolarmente atroce, un cittadino francese di religione ebraica. Ho chiamato il primo Yacef, il secondo Élie. Uno ha venticinque anni, l’altro ventitré. Ho rielaborato i fatti attraverso l’immaginario per alimentare una creazione letteraria, una finzione. A interessarmi era la loro logica, il loro significato implicito: ciò che questi fatti ci dicono sull’evoluzione della nostra società. D’altra parte, che cos’è un “fatto”? di questa vicenda i media hanno prodotto numerose varianti romanzesche: la Gang dei Barbari. Il mio libro invece appartiene senz’altro al genere del romanzo. Chiamiamolo “racconto di fatti”.

Queste sono le righe che il francese Morgan Sportes inserisce in apertura del suo “Tutto e subito”, uscito in Francia nel 2011 e pubblicato in Italia da Edizioni E/O con la traduzione di Federica Alba. Frasi impegnative per un’opera di difficile interpretazione e ricezione ma che chiariscono fin da subito il genere di libro che ci troveremo di fronte.

L'autore ci narra così le vicende di Yacef, un ragazzo ivoriano della periferia parigina che cerca di farsi spazio e guadagnare punti nell’ambiente della criminalità di strada, più a parole che nei fatti perché sin da subito ci accorgiamo che Yacef pur commettendo una miriade di reati, truffe, rapine, pur maneggiando pistole o entrando in galera, non è che sia un criminale molto in gamba, anzi, gran parte dei suoi piani va a vuoto. Yacef pensa in grande ma ottiene molto poco. È più un millantatore che un vero criminale, più un omicida che non sa uccidere che un killer spietato come ama vendersi. Ha brama di denaro e potere, fame di donne e di riscatto sociale, vorrebbe in qualche modo emergere dall'abisso in cui vive ma tutto sembra inutile, fino a quando nella sua mente non si fa largo una possibilità: rapire colui che secondo gli stereotipi vive nella ricchezza e poi ricattare la sua famiglia e magari anche la sua comunità. E chi è il bersaglio preferito secondo questo tipo di logica? Un ebreo. Per realizzare il sequestro Yacef organizza una banda di delinquenti di mezza tacca come lui composta da ragazze in cerca di denaro facile che escono e entrano dalle scuole speciali, ragazzi che bighellonano per strada fra furtarelli, spaccio e tempi morti più l’inserimento di qualcuno un po’ più tosto capace di sbrigare di persona il lavoro sporco. Tutta gente che però va pagata e il denaro non c'è. Peccato per Yacef e soprattutto per la vittima che il piano riservi qualche problema in più, compreso l’enigmatico intervento della polizia e pezzo dopo pezzo tutto il piano va a rototoli, fra tradimenti ed errori, fino a giungere a un finale scontato, perché il sequestro non poteva che finire con la morte del ragazzo ebreo che in realtà ricco non era. Il ragazzo verrà torturato in una cantina, costretto a registrare messaggi in stile quaedista e infine ucciso e bruciato vivo e l'intera banda arrestata.

L’autore, sulla scorta di un grande lavoro di documentazione relativo ai fatti reali, non si limita a ricostruire questa vicenda ma amplia la sua ricerca ricostruendo con la fantasia la vita presente e passata di ogni singolo protagonista, da Yacef ai comprimari, dai loro familiari ai personaggi minori, cercando di dar loro una carne, un cuore, un cervello, un odore e mostrandoci un quadro sicuramente più complesso di quello che ci aspetteremmo, perché da questo tipo di situazioni ci attenderemmo esclusivamente miseria, violenza, dolore, degradazione e invece no, invece potremmo trovare come molte di queste famiglie immigrate ma anche francesi “doc” siano famiglie normalissime, che si augurano un futuro normale per i propri figli, genitori con un lavoro, magari anche misero, ma persone per bene, persone che hanno altri figli che crescono senza dare troppi problemi. Vite banali come la mia e la vostra, inserite però in un contesto come quello delle periferie, le banlieu parigine che anchegli italiani hanno imparato a conoscere inseguito agli scontri che le infiammano ciclicamente, quartieri dimenticati, degradati, di palazzoni e di lotta quotidiana contro la polizia e le istituzioni, cercando di sopravvivere nello sfascio quotidiano di ogni genere di assistenza e prospettiva.

Leggendo “Tutto e subito” ovvio che si pensi immediatamente a “A sangue freddo” di Truman Capote per la vicenda narrata, il suo sviluppo, le atmosfere, le riflessioni che ne possono scaturire ma siamo a distanze siderali in tutti i sensi dal capolavoro di Capote perché il libro di Sportes ha in primis più un ritmo da thriller, da film tarantiniano e tutto ciò induce il lettore a sminuire la portata drammatica degli eventi narrati spingendolo in qualche modo la sentirsi protagonista di un film d’azione iper violento da gustarsi con accompagnamento di birra e patatina e magari anche augurandosi che Yacef non venga mai arrestato.

Secondo qualcuno, a mio avviso decisamente fuori luogo anche per i risultati che ottiene, questa scelta potrebbe prestarsi anche ad altre possibili interpreazioni: da un lato l'autore vorrebbe sbatterci in faccia, grazie all’assenza di psicologismo d’accatto, prediche perbeniste o scappatoie accomodanti, il vuoto del nostro mondo ridotto a un continuo videogame dove la vita ha un prezzo che varia dal costo di un cellulare a quello di una macchina sportiva, dove uccidere una persona è un intermezzo fra un aperitivo e un compito in classe, che permette di ottenere visibilità e dall’altro farci vivere per quasi 370 pagine la condizione di chi vive la periferia facendoci capire come sia molto facile da lontano commentare determinate situazioni con frasi del tipo “Io mi comporterei così” o “Non tutti sono come Yacef” oppure "Cos'altro aspettarsi da un branco di immigrati come questi".

Interpretazioni legittime queste, sicuramente, ma che io tendo a considerare eccessive e completamente fuori luogo perché nel complesso ho trovato “Tutto e subito” un’opera decisamente poco riuscita, accettabile forse solo per un centinaio di pagine, perché l'incontro con l’orrore, con la cosiddetta banalità del Male, con il vuoto di questi giovani non avviene mai, è un incontro superficiale, se non assente e capitolo dopo capitolo (condito sempre in apertura da una citazione) si finisce per sprofondare in una narrazione condita da buone dosi di banalità e di già sentito sentito dire ma soprattutto questa atmosfera da film d’azione tende quasi a nascondere al lettore il fatto che il ragazzo sequestrato morirà o meglio che è già morto, annegando la drammaticità dell’evento in scene concitate e spesso divertenti e non facendoci mai toccare con mano il sangue di una ferita, non si prova mai il dolore di chi viene torturato e picchiato, non si sente mai una volta l’orrore del ragazzo sequestrato, non si prova mai nemmeno pietas per i complici, le vittime, niente, proprio niente, perché se è vero che tutto ciò è banale, che tutto ciò è incomprensibile, il sangue resta sangue, il dolore fisico è dolore, le grida bisognerebbe sentirle, le lacrime delle ragazze ci sono, sono lì, le periferie sembrano dei fondali di cartone totalmente lontane dalla realtà e alla fine ci si trova a leggere un libro vuoto molto più vuoto del mondo che l’autore vorrebbe descrivere ed è troppo facile scrivere un libro del genere, non costa nulla scrivere un libro del genere.

Mi limito a concludere ribadendo come il mio aver dimenticato, in alcuni passaggi, che un ragazzo in carne ed ossa, con un nome e un cognome fosse davvero morto (ma non dimentico nemmeno tutti gli altri protagonisti di questa vicenda) o meglio l'essere stato indotto a dimenticarlo in questa maniera così furba e scadente la giudico un'operazione meschina e decisamente irritante ed è qualcosa che non perdonerò mai all'autore.