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Attenti al Partito della Felicità

Autore: Marilù Oliva
Testata: L'Unità
Data: 11 luglio 2012

ISTRUZIONI PER L’USO

Categoria farmacologica:

Antivirale

Composizione ed eccipienti:

Un romanzo con dieci racconti conditi di storia del Novecento. Fascicoli di polizia. Antieroi. Terroristi. Giustizia e ingiustizia. Democrazia. Debolezza e forza. Giochi di potere.

Indicazioni terapeutiche:

Cura il virus del berlusconismo, dell’andreottismo e tutti i loro strascichi.

La faciloneria e il populismo.

Disperde i vani sogni effimeri.

Consigliato a tutti, benefico per:

Chi ha perso le sue convinzioni.

Chi pensa che “tanto sono tutti uguali”

I rassegnati.

I futuri liftati.

Controindicazioni:

Non leggere nei pressi di Montecitorio o altri luoghi di potere.

Posologia, da leggersi preferibilmente:

Anche nei momenti di sonnoleza: il libro vi scuoterà, svegliandovi immediatamente.

Effetti indesiderati:

Chi ha il viso anchilosato in un sorriso forzato, potrebbe improvvisamente contrarlo in una smorfia drammatica.

Avvertenze:

Conservare di fianco ai libri storico-politici. Lontano dalla televisione.

 

Pillole:

 

«Le ragioni del grande successo del PdF (Partito della Felicità), stanno soprattutto in quella parola, tanto banale quanto rivoluzionaria:felicità. Il PdF ha saputo meglio di chiunque altro intercettare, fin dal nome che si è dato, quello che oggi è il più grande bisogno inevaso degli italiani: tornare a sperare in un futuro felice. Per tutti. Sì, perché il PdF, con la vocazione populista a grande presa comunicativa che lo contraddistingue, oggi in qualche modo risponde soprattutto ai bisogni e alle paure di chi lavora e soprattutto di chi non lavora. Diremmo delle classi meno abbienti, se l’espressione fosse ancora attuale. Lo fa certo meglio dei democratici, ormai lontani dal popolo. Lo fa meglio dei leghisti, per i quali è finita l’infatuazione operaia di qualche anno fa. E lo fa meglio pure di chi, sotto la nostalgica parola “sinistra” si era coalizzato, rimanendo anche questa volta, e forse per sempre, fuori dal Parlamento».

 

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«GIOVANE: Credevo.

VECCHIO: A cosa?

GIOVANE: Le domande dovrei farle io.

VECCHIO: A cosa credevi?

GIOVANE: Alla giustizia.

VECCHIO: E poi?

GIOVANE: Al popolo.

VECCHIO: Separati?

GIOVANE: Alla giustizia del popolo.

VECCHIO: Alla forza del popolo, intendi?

GIOVANE: È lo stesso?

VECCHIO: Pensaci.

GIOVANE: La giustizia è la forza.

VECCHIO: Bene.

GIOVANE: La forza dei deboli.

VECCHIO: Male.

GIOVANE: Perché?

VECCHIO: La forza è dei forti.

GIOVANE: Il popolo non è forte?

VECCHIO: Dipende da chi lo guida».

 

Gli autori: Il duo Tersite Rossi (entrambi del 1978) ama considerarsi l’erede contemporaneo del Tersite omerico, un antieroe che sfidò l’ipocrisia del potere ma finì bastonato e deriso. A guardare bene, dentro di lui convivono due anime distinte: quella del professore e quella del giornalista. Entrambe, però, gli stanno un po’ strette. Ha esordito con il romanzo È già sera, tutto è finito (Pendragon 2010), appartenente al genere della narrativa d’inchiesta.