Nel 1995 uscì anche in Italia, con la consueta brevissima circolazione, un film che fu, per molti spettatori, un pugno nello stomaco. Si intitolava L'esca, il regista era Bertrand Tavernier, il quale riprendeva un romanzo scritto cinque anni prima da Morgan Sportès. La vicenda prendeva spunto da un fatto di cronaca: tre giovani, due ragazzi e una ragazza, desiderosi di arricchirsi rapidamente, adescavano ricchi professionisti per rapinarli, e, in una sorta di barbarica incoscienza, non arretravano neppure di fronte all'omicidio.
Quasi quindici anni dopo, Sportès affronta un altro crudele fatto di cronaca nel quale rintraccia lo stesso meccanismo, e la stessa folle irresponsabilità: nel 2006 un gruppo di giovani rapisce, adescandolo grazie a una ragazza, tortura per tre settimane e infine uccide un giovane ebreo parigino. La "gang dei barbari", come fu soprannominata la banda, voleva ottenere un riscatto dalla famiglia, creduta benestante solo perché ebraica.
Raccontare una vicenda così spietata e ancora così calda nel cuore dei francesi presentava molti rischi, non ultimo quello della spettacolarizzazione, del gioco pericoloso di fare della "gang dei barbari" un gruppetto plastico di spietati cinematografici, con pose, gergo e abiti ad hoc, nello scenario esteticamente efficace delle desolate banlieues parigine.
Ma l'autore ha mano fermissima, compila la sua cronaca con freddezza notarile, ricostruendo con minuzia la vicenda dopo un lungo studio degli atti dei processi, dopo una puntigliosa documentazione. Come il Truman Capote di A sangue freddo, che cita esplicitamente in un'intervista, Sportès parte da fatti reali per costruire una sorta di drammaturgia romanzesca, un "romanzo di fatti". Evita deliberatamente lo psicologismo: dei protagonisti conosciamo qualche nome, le origini, la situazione familiare, l'occupazione. A malapena delinea alcuni tratti del carattere utili soprattutto a illuminare le dinamiche di potere all'interno del gruppo, il carisma degli uni, lo spirito gregario degli altri. E soprattutto riesce con ammirevole sobrietà a restituire il congegno apparentemente casuale, all'insegna di una assoluta improvvisazione, con cui si mette in moto e si compie un rapimento e poi un delitto che tiene in scacco per quasi un mese l'intera polizia francese.
Nessuna giustificazione, nessuno psicologismo, semmai una prospettiva sociologica che mette spietatamente a nudo i meccanismi di una società dei consumi in cui il dogma del "tutto e subito" crea piccoli mostri incoscienti che inneggiano con la stessa sprovveduta arroganza all'islam e alle scarpe Nike.